"Dark" è un "ambizioso racconto polifonico, con un albero di personaggi degno dei romanzi di Tolstoj": su ilLibraio.it Ilenia Zodiaco racconta la serie tv del momento, che "vanta una coralità drammatica" che poche altre riescono a tenere. E chiarisce perché andrebbe associata più a "Lost" che a "Stranger Things"... - L'approfondimento
2019, Winden. Dark, serie tv tedesca prodotta da Netflix, ci trascina nell’atmosfera bigia di una piovosa cittadina della Renania, in cui apparentemente “non succede mai niente”, finché non iniziano a sparire dei ragazzi: prima un liceale, Erik, poi dei bambini. L’indagine della polizia mette subito in luce un dato inquietante: non è la prima volta che a Winden si verificano degli strani casi di persone scomparse, esattamente 33 anni prima qualcun altro è svanito nel nulla.
È questo l’incipit di una delle narrazioni audiovisive più belle e potenti dell’anno. Tuttavia non è del tutto corretto rifarsi alle categorie canoniche di inizio, svolgimento e fine, quando si parla di Dark. L’intreccio, infatti, si sviluppa su tre dimensioni temporali differenti: 2019 (il presente), 1986 e 1953, tre epoche che ogni trentatré anni si collegano tramite un wormhole, anche noto come ponte di Einstein-Rosen. Quando entra in scena un cunicolo spazio-temporale sappiamo che la divisione del tempo in passato, presente e futuro si fa più sottile, i rapporti di causa-effetto sono meno evidenti: chi ha generato cosa è facile da determinare in un’ottica lineare, molto meno in una circolare.
Dark
Se non siete dei fan dei paradossi temporali (loop, portali e tutto il teatrino danzante) vi consiglio vivamente di stare alla larga da Dark perché il piacere più grande della visione è tentare di decifrare questo portentoso enigma e la chiave per farlo è proprio il tempo.
Nonostante quanto fatto notare, se state pensando a Dark come un prodotto di fantascienza per nerd, scordatevelo. Ci troviamo di fronte a una serie molto vicina allo stile di Lost, in grado di coniugare un intreccio ricco di grandi misteri e colpi di scena, alla componente umana e ai drammi personali dei personaggi. Piuttosto fiacco invece il paragone con Stranger Things con cui ha veramente poco a che fare, se escludiamo l’ambientazione di provincia, il gruppo di ragazzi alle prese con una cospirazione soprannaturale e un pizzico di anni ’80.
Continua a leggere
I buoni vannoinvece ioche sonovado dove voglio
Errare è umano, perseverare è cattolico