"Dobbiamo distruggere questi magistrati di Reggio"

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Cyrano
00giovedì 11 novembre 2004 13:58
Le sessantamila intercettazioni che fanno tremare i vertici di An
La "cupola" decideva la rimozione di prefetti e questori scomodi

"Regista" l'ex deputato Romeo: anche Vigna tra i suoi obiettivi
di CARLO BONINI




ROMA - Il verminaio Reggino è affare molto serio. Alleanza nazionale può esserne travolta. Quanto comincia a tracimare delle 60 mila intercettazioni telefoniche e ambientali disposte per oltre un anno dalla Direzionale distrettuale antimafia di Catanzaro, le circostanze annotate nelle 150 pagine dell'ordinanza del gip Antonio Baudi, stringono in un solo nodo la cosca dei De Stefano, gli amministratori locali del partito di Gianfranco Fini, due dei suoi terminali istituzionali: il sottosegretario alla Giustizia Giuseppe Valentino, la vicepresidente della Commissione Antimafia Angela Napoli. Gli atti dell'inchiesta ne registrano le voci, li fissano affaccendati nel promettere e farsi garanti di iniziative istituzionali con chi non dovrebbero.

Il bandolo di questa storia porta il nome di Paolo Romeo. Cinquantasette anni, avvocato, Romeo è un ex ordinovista di Gallico (Reggio Calabria) che nel 1979 ha regalato la latitanza a Franco Freda, con un passaporto omaggio delle cosche reggine, con cui Romeo ha precoce dimestichezza e mutua convenienza. Nel '92, il voto della famiglia De Stefano lo manda in Parlamento come deputato del Psdi. Nel '95, Filippo Barreca, pentito di 'ndrangheta lo consegna alle patrie galere ("E' il Lima di Reggio Calabria", dice), dove resta per poco. Per condannarlo e riportarlo in carcere ci vogliono 9 anni (la sentenza definitiva della Corte di Cassazione per concorso esterno in associazione mafiosa è del febbraio scorso) e in questo tempo Romeo non se ne sta con le mani in mano.

Per quel che interessa in questa storia, è sufficiente annotare che, a Reggio, Romeo è di casa nella segreteria particolare del sottosegretario alla Giustizia Giuseppe Valentino, reggino come lui. Determina gli equilibri politici e istituzionali locali come ne fosse il padrone. Scrivono i magistrati di Catanzaro: "Ostacola e osteggia il prefetto Goffredo Sottile" di cui ottiene il trasferimento in Friuli, ottiene che un questore già designato (De Luca) venga sostituito alla vigilia del suo insediamento con altro nome (Ciliberti). Fa di più. "Promuove la nomina a commissario straordinario di Reggio di Giuseppe Rizzo", sottraendo alla allora giunta di centro-sinistra il controllo dei fondi stanziati dal decreto Reggio per il risanamento della città. Quindi, con l'elezione a sindaco di Giuseppe Scopelliti (mggio 2002), e An diventata padrona di Reggio, "Romeo, nello studio di Valentino, alla presenza di quest'ultimo e dello stesso commissario straordinario Rizzo, sigla l'accordo" che riconsegna al sindaco i cordoni della borsa.


E' un patto che, ipotizza l'inchiesta, ha un prezzo. Ripulire la reputazione di Romeo, allentare la pressione sulla cosca dei De Stefano, seppellendo di fango gli uffici giudiziari di Reggio Calabria e quei magistrati che, con una qualche ostinazione, non vogliono mollare la presa. Lo strumento è semplice: trasformare la martellante campagna di calunnie di un periodico locale - "Il Dibattito" - in atti istituzionali che offuschino la reputazione dei magistrati di quegli uffici: il pm della Dna Macrì (che ha arrestato e inquisito Romeo), i pm reggini Pennisi, Verzera, Boemi, Mollace (che ha arrestato il capoclan Orazio De Stefano). I presidenti di Corte di Assise Franco Greco ("responsabile" della condanna di Romeo in primo grado) e Silvana Grasso.

I magistrati della Direzione distrettuale antimafia di Catanzaro si convincono dell'intuizione ascoltando con chi traffica al telefono Francesco Gangemi. E' il direttore del "Dibattito", è stato sindaco Dc di Reggio per sole tre settimane dopo l'arresto di Licandro (luglio '92). Suo cugino, che porta il suo stesso nome e cognome ma è più vecchio di lui di quattro anni, è stato condannato a 10 anni di reclusione perché già luogotenente negli anni '80 della Nco di Raffaele Cutolo presso la cosca dei De Stefano. Si definisce giornalista Gangemi, il suo periodico ha grande diffusione nelle carceri e sostiene la campagna di stampa che vuole coinvolgere i pm Enzo Macrì e Francesco Mullace nel processo che si celebra a Messina sul conto di Lembo e Alfano e sulle connivenze tra Cosa Nostra e la magistratura messinese. Prende ordini, come documentano le intercettazioni telefoniche e ambientali, da Paolo Romeo. "Dobbiamo distruggere questi magistrati", gli dice nel gennaio 2003. Sono gli stessi giorni in cui lui "pianifica un attacco contro Vigna" forte di quegli che gli vengono annunciati come "documenti esplosivi" sul procuratore nazionale antimafia.

Da un tipo così si dovrebbe stare alla larga. Angela Napoli, vicepresidente della Commissione parlamentare Antimafia, sembra invece tenere Gangemi in gran conto. Gli atti dell'inchiesta documentano almeno quattro colloqui telefonici. Il 3 aprile 2003, la Napoli "invita Gangemi a inviarle un promemoria da utilizzare per la stesura di un'interrogazione parlamentare". Quella che presenterà il 5 maggio di quell'anno sollecitando provvedimenti a carico del pm Mollace. Il 29 aprile, "su pressione di Gangemi, chiede al sottosegretario Valentino di inviare un'ispezione ministeriale negli uffici reggini spiegando a Gangemi di aver ricevuto ampie garanzie". Il 13 agosto, "Gangemi contatta la Napoli, tornando a sollecitare l'ispezione". Cosa che tornerà a fare in ottobre, "sollecitando anche l'invio della documentazione che la Napoli ha rassegnato al Parlamento in luglio" sulla vicenda reggina. A Reggio, l'ispezione arriverà. Come arriveranno i procedimenti disciplinari a carico dei magistrati Enzo Macrì e Francesco Mollace.


(11 novembre 2004)


Fonte Repubblica.it



Vedremo come andrà a finire...





Ciaozzz
robbydam
00giovedì 11 novembre 2004 14:28
xchè dovrebbe tremare an a livello nazionale???



g
00giovedì 11 novembre 2004 14:29
Fascisti mafiosi [SM=x39938]

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