Il conflitto di interessi domina ormai ogni aspetto della nostra vita associata: per così dire, dal vertice alla base. C'è questa ragazza che conosco appena (gran bella tipa, magari un po' troppo gracile per i miei gusti) della quale non riuscivo a capire alcune posizioni: lei così chiaramente progressista, illuminata, positivista, decisamente favorevole alla ricerca scientifica, attenta alle esigenze dei più poveri del mondo. Ma sulla questione palestinese non c'era verso di smuoverla: santi gli ebrei, diavoli gli arabi, i primi oppressi, gli altri canaglie. Strano, possibile che non riesca a vedere oltre la propaganda? Quantomeno cercare di sforzarsi a capire la complessità antimanichea del problema. E invece niente. Poi un paio di giorni fa ho capito: il suo ragazzo è ebreo. Ah, beh, allora.
Certo, però, che dei piccoli conflitti della base ce ne possiamo anche fregare. Di quelli del vertice, invece, un po' meno. Ad esempio, l'ultima puntata ce la racconta
Gian Antonio Stella, ultima voce fuori dal coro in un Corriere della Sera per il quale ormai non esistono più pericoli di scalate sconvenienti. Nel senso che più scalato di così è impossibile pensarlo.