Israele: «Arafat è morto». Parigi: non è vero

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piadina°
00giovedì 4 novembre 2004 18:46


PARIGI - «Yasser Arafat è morto». L'annuncio della tv isrealiana arriva alle 17,25 ed è netto e senza esitazioni: il leader storico dei palestinesi, fondatore di Al Fatah, 75 anni, è deceduto a Parigi, dove era ricoverato da una settimana al Percy Military Training Hospital. Ma la verità appare subito nascosta dalle necessità politiche e contigenti. L'Anp smentisce e 20 minuti dopo l'annuncio della tv israeliana arriva da Parigi la comunicazione ufficiale dell'ospedale parigino: «Arafat resta ricoverato in questo ospedale. Non è deceduto». Un'affermazione che sembra chiudere il giallo, se non fosse che i maggiori leader del mondo, compreso Bush («Dio benedica la sua anima. Ora ricominciamo a lavorare per
arrivare a una soluzione del problema palestinese») parlano già di Arafat come se non ci fosse più. Tutto probabilmente si lega alle decisioni politiche dei leader palestinesi: Arafat avrebbe chiesto di tornare in Palestina e di morire nella sua terra. Cosa che può avvenire soltanto se tornerà a Ramallah clinicamente vivo. Un'ora dopo l'annuncio israeliano, le agenzie battono una comunicazione attribuita ai medici francesi che hanno in cura Arafat: il presidente dell'Anp è in stato di «morte cerebrale».

Yasser Arafat clicca su una foto

VOCI E SMENTITE - La successione delle notizie e delle smentite è proseguita per tutta la giornata. In mattinata si era saputo che Arafat era stato ricoverato nella notte in terapia intensiva. Soltanto la moglie e un piccolo gruppo di sostenitori erano stati informati e nessuno ha ricevuto l'autorizzazione a visitarlo. Anche per questo Abu Mazen, numero due dell’Organizzazione per la liberazione della Palestina, ha rinunciato alla visita che avrebbe voluto compiere a Parigi. Il viaggio è stato cancellato dopo che ad Abu Mazen è stato detto che non si sarebbe potuto incontrare con Arafat. Ma che la situazione fosse ormai disperata s'era capito nel pomeriggio quando era filtrata una notizia da fonte palestinese, secondo la quale lo stesso Arafat aveva chiesto di morire in Palestina. Poi e filtrava da fonti non ufficiali l'esito dell'ultimo controllo medico su Arafat, riportato sempre dalla tv israeliana: «E' clinicamente morto, il suo encefalogramma è piatto». E' stato l'epilogo di una giornata nella quale le notizie sulla salute del presidente dell'Anp si sono fatte sempre più preoccupanti e con frequenti riferimenti al suo stato di coma, anche questo smentito da fonti palestinesi

LEADERSHIP PALESTINESE - Circa mezz'ora dopo l'annuncio della tv israeliana, giungono tuttavia notizie sulle decisioni della leadership palestinese che in qualche modo confermano il precipitare degli eventi. I poteri su sicurezza e finanze finora in mano a Yasser Arafat nonostante le sue condizioni di salute fiossero gravi, sono stati trasferiti al premier palestinese Abu Ala
piadina°
00giovedì 4 novembre 2004 23:32
Esiste una disputa sul giorno e sul luogo di nascita di Yasser Arafat, il quale affermava di essere nato il 4 agosto 1929 a Gerusalemme, mentre il certificato di nascita ufficiale afferma che sia nato in Egitto, a Il Cairo, il 24 agosto 1929.

Arafat nasce in una importante famiglia originaria di Gerusalemme, gli Husseini.
Il suo vero e completo nome è Mohammed Abd al-Rahman Abd al-Raouf Arafat ma è stato anche conosciuto con un altro appellativo, quello usato in guerra, ossia Abu Ammar. Il padre era un commerciante di successo, la madre muore quando lui ha solo quattro anni. Trascorre l'infanzia al Cairo, poi a Gerusalemme presso uno zio. Entra da subito nelle fazioni in lotta contro la costituzione dello Stato israeliano. Diciannovenne, prende parte attiva alla lotta palestinese.

Intanto studia ingegneria civile all'università del Cairo dove, nel 1952, si unisce alla Fratellanza musulmana e alla Lega degli studenti palestinesi di cui diviene anche il presidente. Consegue il diploma di laurea nel 1956. Allo scoppio della guerra per il controllo del canale di Suez è sottotenente dell'esercito egiziano.

Ormai facente parte del gruppo di leader del nascente movimento palestinese è un personaggio scomodo, ricercato dalle autorità israeliane. Per evitare l'arresto abbandona l'Egitto per il Kuwait dove nel 1959 fonda, con altri importanti componenti delle fazioni ribelli, "al-Fatah". L'organizzazione riesce a convogliare nelle sue fila centinaia di giovani palestinesi e a creare un movimento consistente ed incisivo.

Dopo la sconfitta nella guerra araba contro Israele nel 1967, al-Fatah converge nell'OLP, "l'Organizzazione per la Liberazione della Palestina": nel febbraio 1969 Yasser Arafat diventa presidente del Comitato Esecutivo del Consiglio Nazionale della Palestina.

Con il suo carisma e la sua abilità politica Arafat indirizza l'OLP verso la causa palestinese allontanandola dai disegni panarabi. Allo stesso tempo la crescita del suo ruolo politico corrisponde a maggiori responsabilità militari: nel 1973 diventa Comandante in capo dei gruppi armati palestinesi.

Nel luglio 1974 Arafat decide una svolta importante dell'OLP, rivendicando per il popolo palestinese il diritto all'autodeterminazione e alla creazione di uno Stato palestinese; a novembre, in uno storico discorso all'Assemblea delle Nazioni Unite, Arafat chiede una soluzione pacifica, politica, per la Palestina, ammettendo implicitamente l'esistenza di Israele.

Nel 1983, nel pieno svolgimento della guerra civile libanese, sposta il quartier gnerale dell'OLP da Beirut a Tunisi e, nel novembre di cinque anni più tardi, proclama lo Stato indipendente di Palestina. Chiede inoltre il riconoscimento delle risoluzioni ONU e chiede di aprire un negoziato con Israele.
Nell'aprile 1989 è eletto dal Parlamento palestinese primo Presidente dello Stato che non c'è, lo Stato di Palestina.

E' un periodo rovente, che vede l'esplosione delle sue tensioni sotterranee nella Guerra del Golfo, scatenata nel 1990 dagli Stati Uniti contro Saddam Hussein, reo di aver proditoriamente invaso il vicino Kuwait.

Arafat stranamente - forse accecato dall'odio nei confronti dell'Occidente e soprattutto nei confronti degli Stati Uniti - si schiera proprio con Saddam. Una "scelta di campo" che gli costerà cara e di cui lo stesso Arafat avrà di cui pentirsi, soprattutto alla luce degli avvenimenti legati all'attentato alle Torri Gemelle dell'11 Settembre 2001.
La mossa attira su di lui sospetti consistenti di avere le mani in pasta nelle frange terroristiche che pullulano in Medio Oriente. Da qui l'incrinarsi della sua credibilità come controparte sul piano delle trattative con Israele.

Ad ogni modo, piaccia o non piaccia, Arafat è sempre rimasto l'unico interlocutore attendibile, a causa di un fatto molto semplice: è stata l'unica personalità che per anni i palestinesi hanno riconosciuto come loro portavoce (escludendo le solite frange estremiste). Pur essendo accusato da più parti di essere fomentatore del terrorismo e della linea integralista, per altri Arafat è sempre stato invece sinceramente dalla parte della pace.
I negoziati fra Israele e palestinesi condotti da lui, d'altronde, hanno avuto una storia travagliata, mai conclusa.

Un primo tentativo si fece con la conferenza per la pace in Medio Oriente a Madrid, poi con trattative segrete portate avanti dal 1992, fino agli accordi di Oslo del 1993.

Nel dicembre dello stesso anno per Arafat arriva un importante riconoscimento dell'Europa: il leader palestinese è ricevuto come capo di Stato dal Parlamento europeo, al quale chiede che l'Unione diventi parte in causa del processo di pace. Un anno più tardi, nel dicembre 1994, riceve il Nobel per la pace ex aequo con importanti esponenti dello Stato israeliano, Yitzhak Rabin e Shimon Peres. Nel frattempo il leader palestinese si trasferisce a Gaza, dove guida l'Autorità Nazionale Palestinese (Anp).

La sua eventuale successione, all'interno di un quadro che vede le istituzioni dell'Anp assai fragili e poco consolidate, delinea potenzialmente scenari da guerra civile palestinese che rischiano di alimentare ancora di più il terrorismo internazionale.

In questa realtà, gruppi fondamentalisti e fautori del terrorismo più sanguinario come quelli di "Hamas" suppliscono all'assenza di uno Stato con attività di proselitismo, ma anche di assistenza, istruzione islamica e solidarietà fra famiglie.
E' grazie a questa rete di supporto e di guida che Hamas riesce a condizionare i suoi adepti fino a portarli al sacrificio di se stessi nelle famigerate azioni suicide.

Sul piano della sicurezza dunque, sostiene lo stesso Arafat, non è possibile poter controllare tutte le frange di terroristi con un poliziotto ogni cinquanta palestinesi, in questo trovando supporto e consensi anche in parte dell'opinione pubblica israeliana.

Alla fine di ottobre 2004 Arafat viene stato trasferito urgentemente a Parigi, in terapia intensiva, per curare il male che lo ha colpito. Nei giorni che hanno seguito il suo ricovero sono continuamente susseguite voci e smentite di una sua probabile leucemia, di sue varie perdite di conoscenza e su un coma irreversibile.

La sua morte è stata annunciata dalla tv israeliana nel pomeriggio del 4 novembre, ma subito è nato un giallo perchè il portavoce dell'ospedale dove Arafat era ricoverato smentiva. Tutto probabilmente si lega alle decisioni politiche dei leader palestinesi: la volontà di Arafat sarebbe stata quella di tornare in Palestina per morire nella sua terra, possibilità che avrebbe potuto realizzarsi soltanto tornando a Ramallah clinicamente vivo. In serata è stata ufficializzata dai medici la sua morte cerebrale.


«Chiunque stia dalla parte di una giusta causa non può essere definito un terrorista.» Yasser Arafat

piadina°
00giovedì 4 novembre 2004 23:33


GERUSALEMME - Yasser Arafat avrebbe espresso la volontà di essere seppellito nella Spianata delle Moschee, terzo luogo santo dell'islam che, però, sorge proprio su ciò che resta del secondo tempio. Ma il premier israeliano Ariel Sharon non usa mezzi termini: "Dal momento che sono io al potere, non permetterò che sia sepolto a Gerusalemme". Secondo un alto esponente della comunità musulmana, però, non è vero che Arafat abbia detto di volere che la sua ultima dimora sia a Gerusalemme: "Non abbiamo mai discusso della questione con il presidente e lui non ce ne ha mai parlato, serebbe stato di cattivo auspicio", ha assicurato. L'ipotesi più probabile è che Arafat sia sepolto nella tomba di famiglia nel campo profughi di Khan Younis, a Gaza.

La questione è arrivata sul tavolo del governo israeliano. Il capo di Stato maggiore della Difesa, Moshe Yaalon, ha preparato un piano d'emergenza che prevede anche l'uso della forza in caso si arrivi a proteste violente dei palestinesi per ottenere la sepoltura di Arafat nella città santa. La riunione, su istruzioni di Sharon, si è conclusa con la decisione che, in nessun caso, Arafat sarà sepolto a Gerusalemme o in territorio israeliano.



piadina°
00giovedì 4 novembre 2004 23:34
RAMALLAH - Il comitato esecutivo dell'Olp ha affidato i poteri su sicurezza e finanze, finora in mano a Yasser Arafat, al premier palestinese Abu Ala. Si è conclusa in serata la riunione dei capi della sicurezza palestinesi, per decidere le prime mosse politiche in caso di morte di Arafat. Mobilitati i servizi di sicurezza.

E sgomento si registra fra la popolazione palestinese in Cisgiordania e Gaza. Decine di persone sono scese in strada invocando il suo nome, altre si sono avviate verso le moschee per pregare. Molti piangono e affermano di non riuscire a credere che il presidente sia effettivamente deceduto in Francia. "Guardo in continuazione la tv sperando che non sia vero. Mi dispiace per Abu Ammar (il nome di battaglia di Arafat, ndr) per noi è stato un padre. Se è vero che non c'è più, ci sentiamo tutti orfani", ha detto Maher Tawill, un autista di autobus residente ad Abu Dis (Gerusalemme).

Nisrin Awad, una casalinga di Ramallah, ha detto di credere alle parole del premier Abu Ala che ha negato la notizia riferita dai media israeliani, secondo i quali Arafat sarebbe morto. "Il presidente ha una fibra molto forte, è uscito fuori da situazioni difficili. Prego Allah che lo salvi e lo riporti nella nostra terra sano e salvo", ha affermato senza ombra di dubbio.

Oggi gli apparecchi televisivi in ogni casa ed edificio pubblico palestinese sono rimasti sintonizzati sulle rete satellitari arabe che trasmettono aggiornamenti continui dalla Francia. Coloro che sono al lavoro o non hanno a disposizione una televisione, ascoltano i notiziari di radio 'Voce della Palestina'. La situazione tuttavia appare sotto controllo in Cisgiordania e Gaza. Secondo indiscrezioni le varie fazioni palestinesi, incluse quelle dell'opposizione islamica Hamas e Jihad, avrebbero deciso di fare il possibile per mantenere la calma nei Territori allo scopo di favorire la successione temporanea di Arafat ed aprire la strada alle elezioni per il nuovo presidente.


Da questo pomeriggio sono riuniti a Ramallah (Cisgiordania) in modo permanente gli organi esecutivi dell'Organizzazione per la liberazione della Palestina (Olp) e di Al Fatah, la principale componente politica dell'Olp, per fare il punto della situazione e preparare il dopo-Arafat. Il Comitato esecutivo dell'Olp ha approvato nel pomeriggio il trasferimento di parte dei poteri sui servizi di sicurezza e sulle finanze nelle mani del premier Abu Ala. Consultazioni sono in corso anche tra i comandanti della polizia e dei vari servizi di sicurezza dell'Anp che hanno messo in stato di allerta migliaia di agenti incaricati di mantenere l'ordine pubblico.

Il premier ha invitato i palestinesi a continuare le normali attività. Appelli alla calma sono giunti anche da responsabili del ministero delle finanze che, attraverso i mezzi d'informazione, hanno rassicurato i circa 130.000 dipendenti dell'Autorità nazionale palestinese che i salari verranno pagati regolarmente.

Parole che, ad avviso di molti, servono a guadagnare ore preziose, necessarie a preparare la successione temporanea ad Arafat che, sulla base degli incarichi ai vertici delle istituzioni palestinesi, spetta al segretario generale dell'Olp ed ex primo ministro Mahmud Abbas.

I palestinesi comunque tendono ad escludere incidenti e disordini in conseguenza della morte del presidente. "La situazione è stabile nonostante le tensioni di questi ultimi tempi - ha detto all'Ansa l'analista Ali Jirbawi, dell' università cisgiordana di Bir Zeit - i dirigenti dell'Olp e dell'Anp stanno mostrando un forte senso di responsabilità che lascia ben sperare per il futuro".


Finestraio
00sabato 6 novembre 2004 12:05
Dicono che ha aperto gli occhi e parlato coi medici.

http://www.corriere.it/Primo_Piano/Esteri/2004/11_Novembre/06/arafat2.shtml

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