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Lo scrivano sKyLe

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Scritto da: Uomo di Stracci 17/02/2004 1.02
"...il mito del lupo si basa naturalmente sull'aura negativa che da sempre ha caratterizzato questo animale, odiato e temuto dall'alba dei tempi, In un noto versetto di Matteo, i lupi sono considerati "i falsi profeti" che si accostavano agli uomini "vestiti da agnelli", ma con l'intenzione di travolgerli e condurli verso il peccato.
Così Ezechiele: "I capi delle città sono come lupi che dilianiano la preda e in mezzo spargono il sangue (...) uccidono le persone per estorcere il denaro"...
Il lupo, compiendo delle razzie e vari delitti sul patrimonio collettivo, alterava l'equilibrio economico e quindi contribuiva a demonizzare la sua immagine, e in questo senso può essere letto il versetto di Ezechiele. Per l'anonimo autore del Libellus de nature animalium non vi erano dubbi: "per lupum dyabolus intelligitur..."
Già Aristotele poneva in evidenza che il lupo, per la sua natura, rientra tra i fera, male animalia.
E' stato san't Ambogio a codificare con incisività il rapporto molto stretto esistente tra il lupo e l'eretico, definendo l'animale l'adversarius. Un nemico contro il quale, come dimostra anche San Francesco, l'unica arma è la fede.
In generale, nella violenza del lupo si scorgeva il male assoluto, posto in rilievo con tutti gli attributi distruttivi che molte tradizioni hanno riconosciuto a questo animale...[SM=x39901]..."


[SM=x39933] [SM=x40006]
[SM=x39997] [SM=x39998]
[SM=x39889]
La storia del lupo fa parte della nostra storia e questa, bisogna dire, non è stata proprio una fortuna per lui. In un primo tempo l'intreccio con l'uomo gli ha procurato fama e onori e qualche innegabile vantaggio ma mai tale da compensare l'accanimento persecutorio durato fino agli anni '70, quando si è tornati a parlare dell'anima buona del lupo e dell'importanza della sua conservazione.
Temuto e rispettato per la fierezza e il coraggio, fu identificato con divinità protettrici e guerriere dai Greci antichi e dai Romani, ma anche dagli Indiani e da tutte quelle popolazioni di cacciatori e conquistatori (siberiani, eschimesi, turco-mongoli e germanici) il cui stile di vita non comportava una competizione ravvicinata con il lupo.
E' caduto in disgrazia quando le sue velleità predatorie sono entrate in collisione con gli interessi delle comunità stanziali che vivevano essenzialmente di pastorizia.
E' qui che la paura del predatore si è confusa con la demonizzazione della "bestia", il male in eterna lotta contro il bene - come un certo simbolismo di matrice cristiano-cattolica ha portato a credere.
Così, come lupo cattivo è entrato nelle favole e come lupo mannaro ha popolato prima le leggende metropolitane e poi la fiction.
Lo sterminio organizzato e sistematico è cominciato nel Medioevo: lupari specializzati in ogni contea, lupare pronte a sparare (non a caso il termine è sopravvissuto tutt'oggi), campagne di avvelenamento (famose quelle indette da Federico II in Sicilia), tributi pagati in teste di lupi, trappole dalle più semplici alle più sofisticate, battute di caccia con tre batterie di cani diverse (prima i segugi per stanarlo, poi i levrieri per affaticarlo e in ultimo i mastini per finirlo).
Ma il lupo è ancora tra noi.
Forse perché ci siamo fermati in tempo, forse per la sua incredibile capacità di adattamento (COP) e di sopravvivenza.
Il lupo è presente in quasi tutto il mondo tranne l'Africa e l'Australia; si è adattato ai territori più diversi, tranne alle regioni desertiche e alle aree umide e tropicali.
La caccia spietata purtroppo ha provocato l'estinzione di alcune specie, in particolare in Europa centrale e in Giappone.
Pochissimi gli esemplari sono sopravvissuti in Francia e in Inghilterra, che diventano più numerosi in Asia, Alaska e Canada.
Popolazioni pur sempre ridotte, ma si spera in lento e graduale aumento, si trovano in Polonia, Jugoslavia, Romania, Spagna e Italia.
E proprio dal nostro paese un dato incoraggiante parla di un aumento annuale del 7% di questi esemplari, che in trent'anni sono passati da 100 a 400 soggetti.
Eppure si continua a registrare ogni anno l'abbattimento del 20% degli esemplari da parte di agricoltori e cacciatori, nonostante che dal 1976 il lupo sia stato dichiarato razza protetta.
Il suo modo di vivere è l'aspetto più affascinante del lupo, perchè lo rende più simile all'uomo e per certi versi migliore di lui.
Simile per lo spiccato senso sociale (che si esprime nella vita del branco), nell'organizzazione familiare, nella strategia di caccia ma migliore per la sua perfetta integrazione con l'abitat naturale, tanto da diventarne quasi l'ago della bilancia dell'equilibrio ecologico.
Per il lupo, nato come predatore di grossi ungulati, il branco è funzionale alla sua sopravvivenza; quindi la socialità, lo spirito di corpo, l'altruismo, la capacità di comunicazione e di cooperazione gli servono perché l'azione di caccia sia efficace ed efficiente.
Nucleo centrale del branco è l'unità familiare (una o due), con un massimo di dieci, quindici individui tenuti insieme da un complesso sistema di comunicazione e da una rigida gerarchia che fa capo ad un maschio dominante.
A lui solo compete l'accoppiamento con quella che diventerà sua compagna anche per gli anni successivi (in alcuni casi la femmina Alfa, sempre per la continuuzione della specie, può decidere di accoppiarsi con un altro maschio - caso molto raro).
La femmina va in estro solo una volta l'anno e i cuccioli da lei allattati per otto settimane vengono poi allevati dal maschio e dal resto del branco.
Conflitti ritualizzati e quasi mai cruenti tra gli individui di diverso rango del branco sono all'ordine del giorno e servono a confermare i ruoli di dominanza e sottomissione e a rinsaldare così i legami del branco, (addirittura il maschio Alfa può arrivare a sfidare l'ultimo nella scala gerarchica per verificarne la sua reazione e quindi la sua appartenenza al branco) la cui azione si esplica nella difesa del territorio e nelle azioni di caccia.
E' qui che il branco si trasforma in una straordinaria muta di specialisti che cacciano, ciascuno con il proprio ruolo, seguendo una precisa strategia di accerchiamento e scegliendo le prede fra quelle più indebolite, malate o vecchie, quasi a voler mantenere l'equilibrio della popolazione predata.
17/02/2004 10:19
 
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