Due ore fa è andato in onda su Canale 5 un nuovo dibattito sul crocifisso, anche in questo caso condotto da Barbara D’Urso: vi hanno partecipato Daniela Santanché, Matteo Salvini, Piero Sansonetti, Marco Rizzo, un sacerdote e due esponenti UAAR, Isabella Cazzoli e Giorgio Villella. Giovedì l’UAAR organizzerà un incontro a Verona, con la partecipazione dello stesso Villella e di Massimo Albertin, protagonista della vicenda approdata con successo alla Corte Europea dei Diritti dell’Uomo.
Il governo italiano ha nel frattempo precisato le ragioni che l’hanno spinto a chiedere il riesame della sentenza: sulla sua newsletter odierna si può infatti leggere che “nell’ordinamento italiano l’esposizione del crocefisso è regolamentata dal decreto legislativo 297/1994 (Testo unico delle disposizioni legislative vigenti in materia di istruzione, relative alle scuole di ogni ordine e grado). Tali norme seguono la tradizione del nostro Paese e sono retaggio di norme più antiche, come il R.D. 26-4-1928 n. 1297 (’Approvazione del regolamento generale sui servizi dell’istruzione elementare’) ed il R.D. 30-4-1924 n. 965 (’Ordinamento interno delle Giunte e dei Regi istituti di istruzione media’). D’altra parte la nostra Costituzione in più punti considera il tema della religione, per es., negli art. 3, 8, 19; né va dimenticato quanto affermato dall’art. 7 circa i rapporti fra lo Stato e la Chiesa cattolica, regolati dai Patti Lateranensi, le cui modificazioni ‘accettate dalle due parti, non richiedono procedimento di revisione costituzionale’”.
Alcuni riferimenti appaiono quantomeno fuori luogo (il 3, l’8 e il 19 sanciscono semmai l’uguaglianza e la libertà di chi cattolico non è), altri, come quello in chiusura, non si capisce che senso abbiano, poiché l’esposizione del crocifisso non è materia concordataria. Inoltre, almeno fino a oggi “la tradizione” non è mai stata considerata una valida argomentazione giuridica: quanto alle “norme più antiche”, come si può osservare risalgono a otto decenni fa e sono state emanate dal regime fascista. Infine, citando il testo unico il governo finisce per derubricare definitivamente il crocifisso a mera supellettile, peraltro nemmeno citata, salvo errori, all’interno del dispositivo.
Sempre dal punto di vista giuridico, infine, non accennano a fermarsi le sempre più fantasiose iniziative dei sindaci italiani a difesa della tradizione avita: l’ultima è di quello di Azzano Decimo (PN, Lega Nord) che intende avviare un censimento delle opinioni religiose dei cittadini stranieri. mandando la polizia casa per casa. Ne dà notizia l’ANSA.
I buoni vannoinvece ioche sonovado dove voglio
Errare è umano, perseverare è cattolico