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Flags of Our Fathers - di Clint Eastwood

Ultimo Aggiornamento: 13/11/2006 23:06
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A botta calda si rimane incerti sul giudizio da dare a “Flags of our fathers”, Un po' perchè offre diversi spunti di riflessione attraverso i quali si può arrivare anche alla guerra che conosciamo, l’Iraq ( o che forse “crediamo” di conoscere), un po’ perché, perseguendo un filone di pensiero forse poco americano ma molto “eastwoodiano”, in questa storia non ci sono eroi, né tantomeno divisioni in buoni e cattivi.

Il film è un racconto, anzi una sorta di racconto-documentario della famosa foto di Iwo-Jima e di quella feroce battaglia, rivissuto attraverso i ricordi dei superstiti raccolti dal figlio dell’infermiere “Doc” Bradley, uno degli “eroi” immortalati nella foto di quello storico alzabandiera. E di ciò che seguì a quella foto e ai suoi tre superstiti.

Nelle scene di guerra è appositamente girato con filtri grigio-blu, per rimandare ai documentari del tempo. Il dopo-battaglia, invece, è tutto a colori. Forse perché gli eroi a colori sono più belli di quelli in bianco e nero. Almeno, fino a quando “servono” e preferibilmente se sono bianchi. Come in tutti i documentari il film fa largo uso della voce fuori campo e nell’assieme si avvale di un montaggio a tratti convulso, con forse troppi flash-back…
Non mi sento di dare un giudizio complessivo, trovo che Eastwood abbia voluto andare oltre il fatto bellico per tracciare un quadro verosimile dell’America degli anni ’40 e delle tante contraddizioni che ci fanno contemporaneamente amare e odiare quel paese, ancora oggi. Raccontando, in mezzo, una storia di uomini come tanti, che si sono ritrovati eroi per caso.
Come in tutte le guerre della storia.

Invito a non perdere assolutamente i titoli di coda, sono un vero valore aggiunto.
Lì c’è tutta la battaglia di Iwo-Jima, con le vere foto scattate nel 1945. Foto che danno anche la misura di quanto la ricostruzione filmica sia stata accurata. Scorrono al suono di un pianoforte ma al termine del film che abbiamo appena visto quelle immagini fisse, statiche, riescono a dare un’impressione drammaticamente dinamica, di uomini in movimento, di urla, di rombi di aerei, di vite in bilico...
Da guardare in silenzio, sono esse sole un film nel film.

Per finire, due perplessità tutte personali, che butto lì:
1. sospetto uno zampino di (inutile) buonismo spielberghiano nel finale del film (Steven Spielberg è il produttore, ed è un produttore di peso)
2. mi spiace che contemporaneamente non sia uscita la visione “dall’altra parte”, quel “Letters from Iwo-Jima” che dovrebbe raccontare il punto di vista giapponese. Ho l’impressione che la visione globale dell’opera di Eastwood ne avrebbe giovato e forse è anche uno dei motivi per cui lascio in sospeso il giudizio.
13/11/2006 23:06
 
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