Billy Wilder

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marlowe
00mercoledì 3 aprile 2002 10:38
Nella notte tra il 27 e il 28 marzo, se ne è andato Billy Wilder. Aveva 95 anni e da più di venti viveva da appartato - e fors'anche da emarginato - il suo malinconico Viale del Tramonto. Hollywood che lo aveva accolto da esule, adottato, lusingato, esaltato, arricchito e più volte premiato, a un certo punto lo aveva messo da parte non perdonandogli, con la cinica brutalità e la disinvolta ingratitudine di sempre, il fiasco del suo ultimo film "Buddy Buddy" (1981).
Così Billy Wilder, nel mondo di Hollywood, era diventato una sorta di desaparecido. Lo si rivedeva ogni tanto in qualche stereotipata cerimonia ufficiale, in qualche intervento su riviste cinefile, in qualche polverosa retrospettiva di cineteca, in qualche università a tenere malinconiche conferenze.
Ma, se si poteva ignorare Billy Wilder nelle cronache perfide e fatue dello showbiz, era assolutamente impossibile estrometterlo dalla storia del cinema della quale è stato per un cinquantennio un protagonista assoluto.
Approdato in America negli anni Trenta, sospintovi dalle persecuzioni razziali hitleriane che lo costrinsero a lasciare Vienna dove era nato nel 1906, Samuel "Billy" Wilder apparteneva a quella generazione di cineasti europei che hanno molto contribuito a far grande il cinema americano.
Insieme a Fritz Lang, William Dieterle, Kurt Bernhardt, Robert Siodmak, Otto Preminger, Fred Zinnemann, Wilder importò a Hollywood uno sguardo critico, una concezione del mondo del tutto opposta alla visione consolatoria, falsa e patinata della grande fabbrica dei sogni; e vi introdusse anche un modo diverso di far cinema, di narrare, di elaborare le sceneggiature, di usare la macchina da presa, gli attori, la scenografia, la fotografia.
Wilder è considerato un maestro della commedia brillante e su questo filone ha realizzato diversi capolavori: "Sabrina (1954)", "Quando la moglie è in vacanza" (1955) , "A qualcuno piace caldo" (1958), "Irma la Dolce" (1963), "L'appartamento" (1960) che resta il film, nel genere chiamato non sempre a ragione o con troppa approssimazione "brillante", che personalmente amo di più quello che più di tutti mi ha immerso in un clima di "disperato" divertimento.
Ma, a mio avviso, c' è un altro Wilder che è altrettato interessante, altrettanto magistrale e ancora attualissimo. Ed è quello drammatico, cupo, spietato, nichilista. Quello di "La fiamma del peccato" (1944), "L'asso nella manica" (1951) e naturalmente "Viale del tramonto" (1950).
Voglio provare a ripercorrere le tappe più importanti della carriera di Billy Wilder, dedicando dei topic, per dir così monografici, ad alcuni dei suoi film, cominciando, oggi stesso se ce la faccio, proprio da "Viale del Tramonto".
Aggiungo a questa nota un'ultima considerazione.
In un modo quasi stupefacente e paradossale, Billy Wilder ha diretto anche dei film bruttissimi, roba che bisognerebbe, a salvaguardia dell'immagine di un grande, grandissimo maestro, gettare al macero. Uno è il già citato "Buddy Buddy" dove la coppia Lemmon-Matthau dà forse il peggio di se stessa in un infelice, poco divertente e molto noioso remake del francese "L'emmerdeur" di Edouard Molinaro (1973). Un altro è "Avanti" (1972) più noto forse con il titolo italiano "Che cosa è successo tra mio padre e tua madre?" dove un giogionesco e insopportabile Jack Lemmon percorre una commediaccia di ambientazione italiana piena di stereotipi, di battute scioccherelle, di luoghi comuni, di caratteristi sgradevoli e di stucchevoli paesaggi cartolinati.
Che dire?
Nulla.
Sappiamo tutti fin troppo bene, perchè ce lo ha insegnato proprio Billy Wilder con la sua fulminante e a volte tragica ironia, che "Nobody is perfect".



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Saluti
Marlowe
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