Ebbro di donne e di pittura (Chihwaseon)

(di Im Kwon Taek)

La storia(vera) del grande pittore coreano Jang Seung Ub, vissuto nel tumultuoso secolo XIX, tra pulsioni belliche e imperialiste che schiacciavano la Corea, oppressa da Cina e Giappone.
Un lungo flashback ci porta alla infelice infanzia dell'artista, orfano e costretto ad una vita raminga e durissima, nella quale solo la pittura funge da sfogo. Il suo talento è apprezzato dal suo tutore che crede in lui e lo indirizza verso un maestro, ma il giovane Jang si dimostra presto impermeabile a qualsiasi corruzione stilistica.
Più volte stroncato, e sempre di nuovo in auge, rifiuta tutti i precetti e gli insegnamenti, affidandosi al suo istinto e alla sua estrema dissolutezza, cedendo appena può alla bottiglia.
Si ritrova coinvolto nei saccheggi perpetrati dall'esercito cinese nei confronti dei villaggi coreani, e, dopo aver rischiato di essere ucciso, ottiene importanti gratificazioni professionali, insufficienti tuttavia a placare il suo spirito inquieto. Per tutta la vita cercherà disperatamente di innovare, sperimentare, partorire nuovi stili, tracciare nuove linee, affacciarsi a nuovi orizzonti, talora mettendo in discussione l'intera sua opera precedente.
E' la storia di un uomo solo, disperato e geniale, raccontata con ritmo trepidante e stantìo al contempo, un film che cerca di schiudere l'universo di un artista agli occhi dello spettatore, il quale è chiamato a comprendere o forse a non comprendere, a restarne spiazzato, spaventato o compiaciuto.
Instilla dubbi più che certezze, emozioni contrastanti e, forse, un oscuro messaggio, riassumibile in una frase di Cesare Pavese che tanto ho amato: "Hai mai pensato all'importanza dei matti? I matti si oppongono alla società e con la loro testardaggine la cambiano. Senza i matti saremmo ancora nell'antica Roma. Ti sei mai chiesta che cos'è un matto, a questo mondo?"


Un gran bel film; ah, sì.