Grande crisi per il mercato mondiale della musica. E se si tagliassero i prezzi dei Cd?

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00giovedì 8 aprile 2004 00:16
Il mercato discografico è in crisi. Questo si sa da tempo ormai. Le vendite globali di musica hanno fatto registrare un ulteriore calo del 7,6% nel 2003 a 32 miliardi di dollari. E’ il quarto anno consecutivo.

Stiamo parlando dei peggiori dati mai avuti, da quando il Compact Disc è arrivato sul mercato.

Le stime sono state fornite questa mattina dall'organismo commerciale che rappresenta le più grandi case discografiche del mondo. Si tratta dell’International Federation of the Phonographic Industry (Ifpi), che accusa di questa lenta moria del mercato della musica la dilagante pirateria, la congiuntura economica non favorevole e la concorrenza di Dvd e videogiochi.



La Federazione comunque evidenzia che si sono registrati alcuni casi di forte recupero, specie negli Stati Uniti, Gran Bretagna e Australia, dove si può contare su alcuni cantanti che vendono molto come Justin Timberlake e Beyonce. Cosa che fa sperare che non si può andare peggio di così.



Il presidente di Ifpi, Jay Barman, ha dichiarato di ritenere che “il declino a lungo termine si avvii alla conclusione”.

Anche se per l’anno in corso, Barman prevede un declino delle vendite di circa il 4%.

Crisi crescente invece per i mercati dell’Europa continentale, si parla della Germania, Francia e i Paesi nordici. Anche il Giappone continua ad avere rapidi declini nelle vendite. Barman sostiene che non ci sia recupero in vista per queste aree.



Secondo quanto riporta l'Ifpi, la vendita globale dei Cd è scesa del 9,1% nel 2003.

L'Ifpi rappresenta centinaia di etichette indipendenti di tutto il mondo e le major discografiche internazionali, come Warner Music, Sony Music, Universal Music, EMI e BMG.



Situazione critica anche per l’Italia. Secondo quanto riporta una nota della Fimi (Federazione dell’industria musicale italiana), il mercato audio è calato complessivamente del 7,87% a volume e del 7,69% a valore.

I dischi venduti nell'anno appena trascorso sono stati in totale 36 milioni circa rispetto ai 39 milioni del 2002. Globalmente il fatturato del 2003 è stato di 314 milioni di euro contro i 340 milioni dello scorso anno.

In quattro anni, dal 2000, il mercato discografico italiano ha perso in termini di fatturato il 14,44% con oltre 53 milioni di euro bruciati dalla crisi.



Da diversi anni ormai l’industria discografica deve fare i conti con una lenta erosione del mercato di settore. L’industria è unanime nell’additare nel crescente uso di Internet uno dei principali responsabili della crisi della musica.

Ma dagli Usa arriva uno studio in grado di rivoluzionare questa convinzione.



Due professori americani, Felix Oberholzer della Harvard Business School e Koleman Strumpf dell’Università della Carolina del Nord Chapel Hill, hanno realizzato una ricerca sull’impatto del downloading online sulle vendite di dischi.

Nonostante l’ampiezza che ha assunto il fenomeno del peer-to-peer (che nel 2003ha sedotto 60 milioni di utenti, solo per fare riferimento all’America), gli autori dello studio contestano fermamente l’idea secondo la quale il downloading si sostituirebbe all’acquisto di un album.

Anzi, considerano al contrario il sistema di file-sharing come un mezzo di promozione dei brani, ai quali l’utente Internet non avrebbe altrimenti avuto accesso attraverso le tradizionali reti di vendita.

Seconda idea discordante rispetto alle major discografiche: il downloading degli estratti di un album avrebbe sì un impatto sulle vendite di Cd… ma verso l’alto.



Condotto nel 2002, lo studio è stato eseguito su una lista di file condivisi che rappresentano lo 0,01 % del volume mondiale del materiale scaricato.

I due professori hanno preso come punto di riferimento la stima di 800 milioni di Mp3 scaricati ogni mese dalla Rete, poggiandosi su due server di file-sharing OpenNap, simili al più famoso sito di scambio di Mp3, Napster.

Raffrontando il numero di downloading e l’evoluzione delle vendite degli album sul periodo considerato, sono arrivati a questa conclusione inaspettata: ci vorrebbero 5.000 scaricamenti per perdere in valore l’equivalente di un album. Le perdite legate al peer-to-peer rappresenterebbero al massimo l’equivalente di 2 milioni di album venduti in un anno.



Per spiegare la riduzione delle vendite, i due ribelli professori adducono altre ragioni, completamente distaccate dal peer-to-peer: il difficile contesto macro-economico, la riduzione delle uscite dei nuovi album, la concorrenza sempre di più esasperata da altri prodotti dell’industria dell’entertainment, come i videogame, i Dvd…



Tutto questo avviene mentre da noi si sta discutendo il controverso Decreto Urbani, che mette sotto accusa il file-sharing e il mancato rispetto della proprietà intellettuale anche da parte del singolo utente che scarica un file semplicemente per uso privato e non per lucrarci sopra.



Il mercato discografico sta attraverso un periodo di crisi da tempo. Questo è un fatto innegabile, ma accanirsi contro Internet è troppo semplicistico.



Il confronto dovrebbe invece essere portato su un aspetto fondamentale, vale a dire: E se in realtà fossero i prezzi troppo alti dei Cd a scoraggiare i giovani dall’acquistarli?

Ricordiamo che in realtà sono proprio i giovani i maggiori fruitori di musica, e la maggior parte di questi sono studenti, o ancora alla ricerca di impiego.



Gli attuali prezzi dei Cd risultano per molti ragazzi inaccessibili. Beh, penso che qualcuno dovrebbe cominciare a pensare un po’ più seriamente a questo aspetto, prima di scagliarsi contro il P2P.



Il futuro è Internet. Anche questo non si può negare. E alcuni sembrano averlo già capito.

Il gotha dell’industria discografica internazionale, riunito a Cannes nel gennaio scorso in occasione del Midem 2004, ha riconosciuto di doversi adattare in breve tempo al new deal del digitale, se non vuole che la crisi del settore si aggravi ulteriormente.



“Il vecchio modello è destinato a morire”, ha dichiarato Peter Gabriel, uno dei pochi artisti ad aver percepito la portata della rivoluzione culturale ed economica determinata dall’entrata del disco nell’era digitale.

Alla testa di OD2 (Online Distribution), piattaforma europea di download di musica, l’ex leader dei Genesis ha velocemente compreso che il supporto materiale (oggi rappresentato dai Cd) appartiene ormai al passato, soppiantato dalla distribuzione online.



Da subito le cinque major discografiche (BMG, EMI, Sony Music, Universal e Warner), che rappresentano circa il 90% del mercato internazionale, hanno tentato di frenare questa corsa al downloading, accusando gli Isp di incentivare lo scambio di musica illegale sul Web attraverso le reti peer-to-peer.



Le case discografiche fino a oggi non hanno proposto un’offerta legale e sicura sufficientemente interessante da contrastare il mercato della pirateria.

L’azione è stata per lo più caratterizzata da una lotta senza esclusione di colpi ai fornitori d’accessi Internet, accusati di gestire servizi di scambio dei file online, facendo il gioco degli utenti pirati.

Questo ha spinto diversi operatori a scendere in campo contro gli Isp e a chiedere misure legislative più drastiche per i colpevoli di violazione della proprietà intellettuale.



Una guerra combattuta a colpi di denunce nei confronti degli utenti responsabili, che ha avuto una lieve incidenza sulla riduzione della pirateria, ma che ha aumentato l’antipatia dei giovani nei confronti delle major discografiche.

Accusate invece dai giovani di vendere la musica a prezzi esageratamente alti.



E se rimane vero che i colpevoli debbano essere perseguiti e altrettanto vero che ormai non si può fare a meno di considerare Internet come il canale di distribuzione del futuro.



© 2004 Key4biz.it



Raffaella Natale





Xf-1024
00giovedì 8 aprile 2004 01:38
bell'articolo, ma non sono d'accordo.
che internet sia il futuro della musica ho i miei dubbi, almeno per quanto riguarda gli acquisti.
un cd è un cd, un mp3 è un'altra cosa.
io sarei disposto a pagare veramente poco per un mp3, molto meno di un euro, e non comprerei mai un album completo, per i prezzi che dicono, poi... [SM=x40003]
ovviamente, comprando uno (o più) mp3 mi guarderei bene dal comprare poi il cd nei negozi, visto che un mp3 assumerebbe tutto un altro aspetto.
il p2p va lasciato stare, secondo me non nuoce assolutamente alla musica (e ancora meno al cinema).
chi fa più danno è chi scarica poco, chi prende una canzone ogni tanto anzichè comprarla, non chi scarica molto solo per conoscere e sentire qualcosa di nuovo.
se poi chi scarica tanto alla fine non compra o compra poco è solo perchè i prezzi sono assurdi, è inutile che ci girino intorno.
e cosa fanno loro invece, anzichè abbassare i prezzi dei cd originali? aumentano il prezzo dei cd vergini... [SM=x39933]
sono d'accordo che sul calo delle vendite dei cd può avere inciso la concorrenza di dvd e videogames molto più che il p2p.
e smettiamola col terrorismo [SM=x39933]

chi ama la musica la compra, se glielo si permette
tom waits
00giovedì 8 aprile 2004 15:16
i prezzi sono fottutamente alti.
chi compra cd, continua a comprarli.

i due unici assiomi incontrovertibili.

per quanto riguarda il fututo della musica su internet, comincio a credere che prossimamente si inizierà a scaricare a pagamento sempre più, vuoi la velocità delle connessioni, vuoi il fottersene di copertine e packing, vuoi l'aumento di parecchi artisti convolti in vendite dirette, facendo fuori le major.

mah
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