IL SAMURAI DELLA MALINCONIA: TAKESHI KITANO

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marlowe
00martedì 25 marzo 2003 22:55

Singolare personaggio, Takeshi Kitano (classe 1947): talento indisciplinato, iconoclasta anarchico, esibizionista pulp, poeta di mille sfumate malinconie.
Nasce come comico, diventa una star della televisione giapponese, partecipa come attore ad alcuni film di Nagisa Oshima e di altri, poi comincia a scrivere, produrre, dirigere, intepretare, montare e distribuire i propri film.
In Europa, soprattutto in Francia, si fa conoscere come autore con "Sonatine" nel 1994 e ottiene un grande successo di critica con "Hana Bi" premiato nel 1997 a Venezia con il Leone d'Oro. Scorsese e Coppola parlano di lui come dell'erede legittimo di Akira Kurosawa. Tarantino lo riconosce come un pulp-fratello.
Al di là dell'accostamento con Kurosawa, forse un po' azzardato, Takeshi Kitano porta indubitabilmente sullo schermo uno stile personalissimo, una tecnica di montaggio assolutamente originale (nello scomporre e ricomporre i tempi, i luoghi e i punti di vista della narrazione), un modo tutto suo di sviluppare e di interpretare le sue storie.
Si muove sullo schermo con un'andatura sbilenca, gli occhi affossati in una impenetrabile malinconia, i gesti repentini e definitivi, nella violenza come nella tenerezza: due fili rossi che percorrono e legano tutti i suoi film.
I personaggi che intepreta parlano pochissimo; e lui, con quella faccia percorsa dalle scosse elettriche dei tic che le si sono incollati dopo un brutto incidente in motocicletta, delle parole mostra di potere fare a meno: come un Pierrot lunare materializzatosi per sortilegio nelle jungle urbane di Tokyo o di Los Angeles, sulle rive del mare, alle pendici innevate del Fujiama, nelle bettole e nei cessi, nei lussuosi uffici della mafia giapponese, nei calligrafici giardini dei ciliegi in fiore.
Al di là delle storie che Kitano racconta, dei ruoli che si attribuisce - di gangster o di poliziotto, di vincente o di loser - la sua è sempre la maschera di un uomo in fuga da se stesso; di un nomade dell'esistenza che combatte ferocemente contro tutto e contro tutti per la sopravvivenza, consapevole che la conquista di una verità e di una identità coincide con l'annientamento, l'autodistruzione, la morte.
Così i suoi film sono una trasposizione narrativa della filosofia e della liturgia dello harakiri; e dello harakiri possiedono il ritualismo, il formalismo, il compiacimento estetico e anche, se non soprattutto, gli aspetti carnali della macellazione.
E' assolutamente inutile cercare una ragione per vivere, sembra dire Kitano, perché quello che conta è di averne una, non importa nemmeno tanto quale, per morire; per abbandonare finalmente la spada di combattimento, cogliendo tutta la falsità e l'insensatezza dei suoi bagliori; e, con tutta la malinconia che accompagna ogni distacco, seppellirla in un buio definitivo.

"Violent Cop", 1989
Noir cupissimo. Storia di affetti familiari e di vendette.
"Boiling Point", 1990
Mafia e sport.
"Silenzio sul mare", 1991
Una delicata storia di due diversità e di una sfida con la natura, con il prossima e con se stessi.
"Sonatine", 1993
Altro noir. Una violentissima storia di vendette all'interno della mafia giapponese, la Yakuza..
"Getting Any?", 1994
Una commedia surreale e grottesca sul mito del successo.
"Kids return", 1996
Un apologo amaro sull'amicizia.
"Hana-bi", 1997
Una bellissima storia d'amore poetica e struggente sullo sfondo di un Giappone in bilico tra l'orrido e il sublime. Capolavoro.
"L'estate di Kikujiro", 1999
Un uomo maturo e un bambino cercano di insegnarsi a vivere.
"Brother", 2000
E' il film americano di Takeshi Kitano. Una specie di western urbano, un nippo-padrino, disseminato di cadaveri, di violenze di ogni tipo, di rituali raccapriccianti, di stragi tra cosche mafiose per il controllo del traffico di droga.
"Dolls", 2002
Tre storie di donne e dei lori surreali e quasi metafisici sogni d'amore.

Se vi capitano sotto gli occhi i film di Kitano, non lasceteveli sfuggire. "Sonatine", "Hana Bi", "Brother" e "Dolls" in particolare. Un consiglio: evitate le edizioni doppiate, prendete le edizioni originali con i sottoltitoli. I doppiaggi italiani sono tutti sciagurati.

bandito
00mercoledì 26 marzo 2003 09:58
Venerdì ho visto Dolls...un capolavoro!
Tutte le volte che ci ripenso scopro qcosa di nuovo che mi era sfuggito fino a quel momento...
Cmq per tutti coloro che amano il suo stile consiglio anche "Asakusa Kid", un libro edito dalla Mondadori dove Kitano racconta la sua gioventù quando cercava lavoro come comico in un teatro di Asakusa.
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