Agente 007, missione numero 20.
Questa volta si va nella perfida Corea degli sporchi, pazzoidi e sanguinari comunistacci del nord dove il solito paranoico con velleità di potenza ordisce cospirazioni planetarie.
Dalla Corea ci si sposta a Cuba tanto per vedere Halle Berry che emerge dalle acque con bikini e pugnale d'ordinanza in una sgangherata e patetica citazione di Ursula Andress.
Da Cuba si trasvola fino all'Islanda, in un palazzo di ghiaccio dove Bond-James Bond in un lettone-iceberg a forma di cigno si tromba una bionda e malvagia collega.
Il mondo è come al solito in pericolo ma James Bond, non preoccupatevi, riuscirà a salvare tutto. Tutto, tranne il film.
Pierce Brosnan pronuncia battute di spirito non diversamente da come potrebbe esprimere le sue "più sentite condoglianze" a un funerale di lusso.
Halle Berry recita (si fa per dire) all'insegna del "guarda un po' che s'ha da fa' pe campà".
La gadgettistica si arricchisce di un orologio laser, una Aston Martin che può diventare invisibile, un anello che frantuma i vetri antiproiettile, un siluro dei ghiacci, tavole da surf imbottite di armi tecnologiche.
E così tra una esplosione e l'altra, un lancio col paracadute e una immersione sotto la banchisa, un po' di efferate torture, qualche dozzina di ammazzamenti e incendi, esaltazioni pubblicitarie degli sponsor, un sigaro e un Martini-Vodka con l'oliva, si arriva al solito finale dove Pierce Brosnan e Halle Berry si producono in una battuta a doppio senso degna del peggior Lino Banfi.
Ragazzi, che noia! E che malinconia...