MADEMOISELLE

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marlowe
00domenica 26 maggio 2002 22:04

Incontrarsi e dirsi addio. Quante volte il cinema ha raccontato questa storia. Con toni da commedia o da melodramma, comici o crepuscolari, drammatici o maledetti, intimisti o scandalosi; e con risultati che abbracciano tutta la gamma compresa tra il sublime e la scempiaggine.
Dopo aver visto "Mademoiselle" di Philippe Lioret, una variazione sul tema, ripercorrevo con la memoria la mia personale antologia di film che hanno raccontato storie d'amore intense e impossibili, quelle che si consumano nell'arco di poche ore o di pochi giorni, per venire troppo presto risucchiate nei gorghi del ritorno alla cosiddetta normalità.
Pensavo così all'intramontabile "Breve Incontro" di David Lean (1945): un Melò perfetto non sfuggito alla sorte di uno sciagurato remake ordito da Alan Bridges con la complicità un imbolsitissimo Richard Burton e di una tremenda Sofia Loren.
Rivedevo il bellissimo "Estate Violenta" di Valerio Zurlini (1959) con una stupenda Eleonora Rosi Drago e un giovanissimo Jean Louis Trintignant. Ripensavo all'ingenuo e scandaloso "Ultimo tango a Parigi" di Bernardo Bertolucci (1972) dove Marlon Brando e Maria Schneider, entrambi perfetti nei loro ruoli, scivolano ineluttabilmente dai furori disperati dell'eros alla tragedia.
Pensavo anche all'asciutto e struggente "I ponti di Madison County" di Clint Eastwood (1995) con una sconvolgente e indimenticabile (per fascino e bravura) Meryl Streep. E mi chiedevo come mai Lioret con un film che racconta ancora una volta la stessa storia, fosse riuscito a tener desta la mia attenzione, a farmi appassionare, a non annoiarmi e anche in un certo senso a commuovermi (far muovere qualcosa dentro, nel profondo).
Sarà l'età, mi son detto.
O sarà una tardiva vocazione pascoliana a cercare ormai soltanto il fiore sul tronco reciso?
Sarà un decadente soprassalto gozzaniano che mi induce a celebrare i tristissimi giorni degli addii con patetiche liturgie en solitaire?
Sarà che ho un debole per il cinema francese?
O saranno la grazia e la bravura di Sandrine Bonnaire, la simpatia di Jacques Gamblin, il ritmo del film, la semplicità e l'umiltà e l'umanità con cui il regista affronta la sua storia, certe impennate surreali, un uso intelligente dei meccanismi narrativi che mantengono la tensione e in certi momenti generano anche un po' di suspense?
Forse un po' di tutto questo ha fatto sì che il film mi sia piaciuto. Certo "Mademoiselle" non è un capolavoro che segnerà indelebilmente la storia del cinema, ma è un prodotto di ottimo artigianato cinematografico: ben scritto, ben diretto e, soprattutto, benissimo recitato.
Le ventiquattro ore in cui si consuma l'incontro fatale tra Claire, una manager in carriera, e Pierre, un attore allo sbando, un single inacidito e malinconico, ma anche fantasioso e ironico nella sua disperazione, sono raccontate con leggerezza, con fantasia e con garbo. I due amanti sanno che il colpo di fulmine che li ha irresistibilmente colpiti e travolti è tanto violento quanto fugace; che ne usciranno segnati per sempre ma che ne usciranno; che riprenderanno il filo delle loro vite così diverse, così lontane, così inconciliabili. Sanno che, ritornati definitivamente a essere l'uno per l' altra solamente degli sconosciuti, dovranno inesorabilmente continuare a vivere. E a morire.

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Saluti
Marlowe
ex-xxcz
00giovedì 30 maggio 2002 20:25
Bella recensione, complimenti... [SM=x39860]


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