Ogni cosa è illuminata (recensione)

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wsim
00martedì 22 novembre 2005 00:21
Ogni cosa è illuminata
(USA, 2005)

Un film americano sorprendente, lontano dai blockbuster ed originale per il modo inconsueto in cui parla di una grande tragedia (lo sterminio degli ebrei) attraverso la storia di un viaggio rocambolesco nell’Ucraina rurale post sovietica, accompagnato da una travolgente colonna sonora infarcita di ritmi klozmer, yiddish, tzigani e balcanici.
Così si presenta il film di questo esordiente Liev Schreiber, americano di origine ucraina, che sospetto abbia voluto raccontare con questo film un proprio personale viaggio nella memoria e nella storia.
Il film narra di un giovane ebreo americano, Jonathan (Elia Wood), che intraprende un viaggio in Ucraina alla ricerca della donna che salvò suo nonno (poi emigrato in America) dallo sterminio del suo villaggio ad opera dei nazisti. Jonathan è uno strano ragazzo, curioso collezionista di altrettanto curiosi oggetti; fisicamente appare come un Clark Kent in miniatura, pettinatura e occhialoni compresi, solo che non ha né muscoli né risorse da Superman da tirar fuori. E’ un ragazzo che interiorizza tutto, silenzioso, impacciato, compassato. Anche se sarà capace di esprimere grandi emozioni, come si vedrà.
Tre oggetti lo legano ai lontani trascorsi del nonno. Un pendaglio con un insetto nell’ambra, una catenella con la stella di David, una vecchia foto di suo nonno con Augustina, quella donna sconosciuta che vuole trovare. In Ucraina troverà ad attenderlo Alex, la sua guida, un giovane ucraino che parla un inglese tragicomico (e che nel film è anche il narratore della storia) e suo nonno, uno scorbutico ultraottantenne, l’autista della sgangherata vettura con la quale compiranno “la ricerca” nelle sterminate plaghe della campagna ucraina, tra grotteschi tipi umani e luoghi abbandonati e fatiscenti.
A modo suo, ciascuno dei tre troverà qualcosa di importante, in quei posti dimenticati da tutti.
Soprattutto Alex, quando capirà che anche per lui “ogni cosa è illuminata”.
Non voglio raccontare di più, aggiungo soltanto che l’originalità del film si apprezza anche nel taglio del racconto. La prima parte è esilarante, credo persino travolgente per i puristi della lingua originale, la seconda è sentimentale e commovente. Bellissima, indimenticabile, la scena dell’arrivo alla casa tra i girasoli.
Un bel film, e magari fossero tutti così i film d’esordio…

Trama:*** 1/2
Cast:****
Regia:***1/2
Musica:****1/2
Globale: ***3/4


wsim
00martedì 22 novembre 2005 08:20
Ah, dimenticavo una chicca per cinefili.
Alla partenza del viaggio, che avviene da Odessa, c’è una breve inquadratura della famosa scalinata protagonista di una notissima sequenza del film “La corazzata Potemkin”.
E' anche questo, credo, un omaggio alla memoria collettiva.
Pinkobsession
00martedì 22 novembre 2005 11:58
Non ho visto il film ma ho letto il libro che tra l'altro mi è piaciuto moltissimo. Ma ancor + bello è Molto forte incredibilmente vicino,
( stesso autore Foer) che verrà presto portato sul grande schermo [SM=x39993]
ClapYourHandsSayYeah!
00martedì 22 novembre 2005 14:05
l'ho visto mercoledì scorso. molto carino. trovo che la locandina sia un po' fuorviante...io mi aspettavo una regia molto più surreale e particolare. ciò non toglie nulla all'indubbia qualità del film, che ha saputo raccontare un tema in maniera diversa dal solito...poco documentaristica e molto intimista, fondata nel rapporto fra diverse generazioni e culture. io gli darei un 7 1/2.
JennyMurron
00domenica 11 dicembre 2005 12:09
ciao a tutti! questo è il mio primo post su questo forum.
ho visto anche io questo bellissimo film e questa è la mia recensione:

Finalmente un film (a parte Mihazaky che è sempre una certezza e non fa testo) che posso dire mi abbia davvero esaltato e appassionato! E soprattutto che mi ha trasmesso emozioni spontanee e sentite: in un’ora e tre quarti di film mi sono sinceramente divertita e commossa, passando dagli occhi lucidi dalle risate agli occhi lucidi di commozione senza nemmeno accorgermene, attraverso tutta una gamma di suggestioni diverse.

Questo è già di per sé, a mio avviso, un valore enorme in un film, per la concezione che ho del cinema. Inoltre è sempre bello poter vedere film particolari (purché ben fatti) che escono dai soliti canoni.

Non ho letto il libro (e a questo punto credo proprio che lo farò) e non posso fare un paragone, ma la storia narrata è molto bella e molto ben raccontata e credo non abbia sciupato nulla dell’idea originale dell’autore e protagonista.

La vicenda cambia più volte di intonazione: si apre con un’atmosfera più malinconica, introducendo il personaggio di Jonathan Safran Foer, giovane ebreo americano, miope, taciturno e un po’ “ingessato”, che riceve dalla nonna degli effetti del nonno scomparso (una foto e una ciondolo con la stella di David) e, anche grazie ad un sapiente uso di flashback, scopriamo che Jonathan ha quella che, di primo acchito, pare una fissazione un po’ morbosa, o quantomeno una forma di collezionismo particolare: ovvero raccogliere oggetti di qualsiasi tipo (compresa la dentiera della nonna) appartenuti alla sua famiglia, ma anche, lo vedremo, che riguardino momenti ed esperienze, anche apparentemente insignificanti della sua vita, conservandoli in sacchetti trasparenti di cui porta sempre con sé una scorta . Si comprende in seguito che egli fa tutto ciò non solo per conservare la memoria delle sue radici, ma anche che perché ha il serio timore di dimenticare le cose, di perderne il ricordo.

E in effetti è proprio il tema della memoria ad essere centrale nella vicenda, che si propone come un puzzle da ricostruire, quando Jonathan decide di andare in Ucraina, terra d’origine del nonno, per trovare la misteriosa donna della foto, Augustina, che pare lo avesse salvato dalla furia nazista.

E a questo punto il tono del film cambia, quando vengono introdotti gli altri protagonisti della vicenda. Conosciamo infatti ,in un’Ucraina post-comunista e proto-consumistica (presentata però in maniera disincantata e senza stereotipi) che ancora pare far fatica a trovare una propria precisa identità, una famiglia di Odessa che come mestiere aiuta ricchi ebrei americani a ritrovare le tracce dei parenti scomparsi all’epoca dello sterminio. Conosciamo soprattutto Alex Perchov (voce narrante del film) , giovane scanzonato col mito della musica e della cultura hip-hop e di Michael Jackson, e il nonno iroso e strambo, che dice di essere cieco (ma guida l’auto!) e ha come “cane da accompagnamento” una bastardina (irresistibile!) di nome Sammy Davies Jr. Jr., che soprattutto pare avere una feroce avversione per gli ebrei (ma che in realtà nasconde un segreto). Saranno proprio loro ad accompagnare Jonathan in un viaggio dapprima spassoso e quasi surreale attraverso le campagne ucraine, e incontri di gente pittoresca (e dando vita a siparietti, come ad esempio la scena della patata, divertentissimi). almeno agli occhi di un Jonathan che si trova spaesato e pieno di pregiudizi nei confronti di questa realtà così diversa dalla sua (ma neppure tanto, scoprirà alla fine), pregiudizi e diffidenza del resto ricambiati dai suoi compagni di viaggio (che pensano sia malato perché vegetariano e spiegano la sua “stramberia” proprio col fatto che non mangia carne!). Il stravagante viaggio del quartetto (calcolando anche il cane, elemento affatto passivo) è accompagnato da una colona sonora magnifica che, da malinconica si fa sempre più trascinante, mixando sapientemente musica tradizionale ucraina e musica più occidentalizzata. Ma poi ,man mano che il viaggio prosegue tra scoperte, verità e ricordi che riaffiorano, nella difficile ricerca di Trachimbrod, villaggio che pare scomparso dalle carte geografiche, il clima torna sempre più a farsi malinconico (e così la colonna sonora sempre più struggente) fino a quando non giungono, inuna delle scene più belle del film, ad una casetta sperduta tra i campi di girasoli e incontrano una donna, Lista (davvero magnifica l’attrice che a interpreta) che pare essere vissuta fuori dal mondo, come Jonathan colleziona meticolosamente dentro migliaia di scatole, memorie perdute, e la cui vita non solo è legata la nonno di Jonathan, ma anche a quella del nonno di Alex. Il finale potrebbe essere visto come tragico, ma non è presentato come tale, anzi conserva quella giusta dose di leggerezza e dolce malinconia che non guasta e s’intona col resto della pellicola. I destini di Alex e Jonathan saranno indissolubilmente legati tra loro (bellissima la scena in cui entrambi spargono la terra di Trachimbrod sulle tombe dei nonni) e agli oggetti che,come dice Lista, non sono lì per noi, ma noi siamo lì per loro, per riportarli alla luce, perché tutti gli oggetti e le memorie illuminano da dentro la nostra storia e la nostra memoria. E’ bello vedere come si sviluppa il rapporto tra i due giovani così diversi, introverso uno quanto è logorroico l’altro, preciso, anche nell’uso delle parole uno, quanto è approssimativo l’altro…ma, mentre Alex imparerà a prendere più seriamente la vita e la lezione del passato, Jonathan imparerà a lasciarsi più andare e le parole, apparentemente più sconclusionate, di Alex acquistano un valore e un significato più profondo nella loro semplicità.

La regia di Schreiber davvero impressionante, considerando che è un’opera prima, originale ma mai troppo esagerata a compiaciuta (abbiamo scoperto un nuovo talento registico?). la sceneggiatura davvero scorrevole ,senza cali e intoppi.

Una menzione particolare alle interpretazioni, davvero tutte di alto livello: a partire da un Elija Wood (il quale davvero non si adagia sugli allori del successo di ISDA) che rende stupendamente un Jonathan con poche battute, ma un sapiente uso di sguardi e gestualità. Ma la sorpresa è senz’altro data dall’esordiente Eugene Hutz ( la cui prova per fortuna stata una volta tanto supportata da un’ottima resa al doppiaggio). Mi sono però piaciuti molto anche gli altri, davvero tra cui senz’altro l’interprete di nonno Perchov.

L’opera prima di Liev Schreiber è una vera sorpresa, in positivo. Un piccolo grande film.


Voto: **** [SM=x39884]


ghamoz
00domenica 11 dicembre 2005 20:14
Re:

Scritto da: JennyMurron 11/12/2005 12.09
ciao a tutti! questo è il mio primo post su questo forum.
ho visto anche io questo bellissimo film e questa è la mia recensione:

Finalmente un film (a parte Mihazaky che è sempre una certezza e non fa testo) che posso dire mi abbia davvero esaltato e appassionato! E soprattutto che mi ha trasmesso emozioni spontanee e sentite: in un’ora e tre quarti di film mi sono sinceramente divertita e commossa, passando dagli occhi lucidi dalle risate agli occhi lucidi di commozione senza nemmeno accorgermene, attraverso tutta una gamma di suggestioni diverse.

Questo è già di per sé, a mio avviso, un valore enorme in un film, per la concezione che ho del cinema. Inoltre è sempre bello poter vedere film particolari (purché ben fatti) che escono dai soliti canoni.

Non ho letto il libro (e a questo punto credo proprio che lo farò) e non posso fare un paragone, ma la storia narrata è molto bella e molto ben raccontata e credo non abbia sciupato nulla dell’idea originale dell’autore e protagonista.

La vicenda cambia più volte di intonazione: si apre con un’atmosfera più malinconica, introducendo il personaggio di Jonathan Safran Foer, giovane ebreo americano, miope, taciturno e un po’ “ingessato”, che riceve dalla nonna degli effetti del nonno scomparso (una foto e una ciondolo con la stella di David) e, anche grazie ad un sapiente uso di flashback, scopriamo che Jonathan ha quella che, di primo acchito, pare una fissazione un po’ morbosa, o quantomeno una forma di collezionismo particolare: ovvero raccogliere oggetti di qualsiasi tipo (compresa la dentiera della nonna) appartenuti alla sua famiglia, ma anche, lo vedremo, che riguardino momenti ed esperienze, anche apparentemente insignificanti della sua vita, conservandoli in sacchetti trasparenti di cui porta sempre con sé una scorta . Si comprende in seguito che egli fa tutto ciò non solo per conservare la memoria delle sue radici, ma anche che perché ha il serio timore di dimenticare le cose, di perderne il ricordo.

E in effetti è proprio il tema della memoria ad essere centrale nella vicenda, che si propone come un puzzle da ricostruire, quando Jonathan decide di andare in Ucraina, terra d’origine del nonno, per trovare la misteriosa donna della foto, Augustina, che pare lo avesse salvato dalla furia nazista.

E a questo punto il tono del film cambia, quando vengono introdotti gli altri protagonisti della vicenda. Conosciamo infatti ,in un’Ucraina post-comunista e proto-consumistica (presentata però in maniera disincantata e senza stereotipi) che ancora pare far fatica a trovare una propria precisa identità, una famiglia di Odessa che come mestiere aiuta ricchi ebrei americani a ritrovare le tracce dei parenti scomparsi all’epoca dello sterminio. Conosciamo soprattutto Alex Perchov (voce narrante del film) , giovane scanzonato col mito della musica e della cultura hip-hop e di Michael Jackson, e il nonno iroso e strambo, che dice di essere cieco (ma guida l’auto!) e ha come “cane da accompagnamento” una bastardina (irresistibile!) di nome Sammy Davies Jr. Jr., che soprattutto pare avere una feroce avversione per gli ebrei (ma che in realtà nasconde un segreto). Saranno proprio loro ad accompagnare Jonathan in un viaggio dapprima spassoso e quasi surreale attraverso le campagne ucraine, e incontri di gente pittoresca (e dando vita a siparietti, come ad esempio la scena della patata, divertentissimi). almeno agli occhi di un Jonathan che si trova spaesato e pieno di pregiudizi nei confronti di questa realtà così diversa dalla sua (ma neppure tanto, scoprirà alla fine), pregiudizi e diffidenza del resto ricambiati dai suoi compagni di viaggio (che pensano sia malato perché vegetariano e spiegano la sua “stramberia” proprio col fatto che non mangia carne!). Il stravagante viaggio del quartetto (calcolando anche il cane, elemento affatto passivo) è accompagnato da una colona sonora magnifica che, da malinconica si fa sempre più trascinante, mixando sapientemente musica tradizionale ucraina e musica più occidentalizzata. Ma poi ,man mano che il viaggio prosegue tra scoperte, verità e ricordi che riaffiorano, nella difficile ricerca di Trachimbrod, villaggio che pare scomparso dalle carte geografiche, il clima torna sempre più a farsi malinconico (e così la colonna sonora sempre più struggente) fino a quando non giungono, inuna delle scene più belle del film, ad una casetta sperduta tra i campi di girasoli e incontrano una donna, Lista (davvero magnifica l’attrice che a interpreta) che pare essere vissuta fuori dal mondo, come Jonathan colleziona meticolosamente dentro migliaia di scatole, memorie perdute, e la cui vita non solo è legata la nonno di Jonathan, ma anche a quella del nonno di Alex. Il finale potrebbe essere visto come tragico, ma non è presentato come tale, anzi conserva quella giusta dose di leggerezza e dolce malinconia che non guasta e s’intona col resto della pellicola. I destini di Alex e Jonathan saranno indissolubilmente legati tra loro (bellissima la scena in cui entrambi spargono la terra di Trachimbrod sulle tombe dei nonni) e agli oggetti che,come dice Lista, non sono lì per noi, ma noi siamo lì per loro, per riportarli alla luce, perché tutti gli oggetti e le memorie illuminano da dentro la nostra storia e la nostra memoria. E’ bello vedere come si sviluppa il rapporto tra i due giovani così diversi, introverso uno quanto è logorroico l’altro, preciso, anche nell’uso delle parole uno, quanto è approssimativo l’altro…ma, mentre Alex imparerà a prendere più seriamente la vita e la lezione del passato, Jonathan imparerà a lasciarsi più andare e le parole, apparentemente più sconclusionate, di Alex acquistano un valore e un significato più profondo nella loro semplicità.

La regia di Schreiber davvero impressionante, considerando che è un’opera prima, originale ma mai troppo esagerata a compiaciuta (abbiamo scoperto un nuovo talento registico?). la sceneggiatura davvero scorrevole ,senza cali e intoppi.

Una menzione particolare alle interpretazioni, davvero tutte di alto livello: a partire da un Elija Wood (il quale davvero non si adagia sugli allori del successo di ISDA) che rende stupendamente un Jonathan con poche battute, ma un sapiente uso di sguardi e gestualità. Ma la sorpresa è senz’altro data dall’esordiente Eugene Hutz ( la cui prova per fortuna stata una volta tanto supportata da un’ottima resa al doppiaggio). Mi sono però piaciuti molto anche gli altri, davvero tra cui senz’altro l’interprete di nonno Perchov.

L’opera prima di Liev Schreiber è una vera sorpresa, in positivo. Un piccolo grande film.


Voto: **** [SM=x39884]







Benvenuta.

Se questo era il tuo primo post , e quindi magari un po' timido da come metti le mai avanti, sono in attesa di leggere il 6666.
ClapYourHandsSayYeah!
00martedì 13 dicembre 2005 16:19
Re: Re:

Scritto da: ghamoz 11/12/2005 20.14




Benvenuta.

Se questo era il tuo primo post , e quindi magari un po' timido da come metti le mai avanti, sono in attesa di leggere il 6666.



hehehe...benvenuta jenny! [SM=x39858]
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