Omicidio Tobagi, su Canale 5 Martelli ricorda il giornalista

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CARMINE84
00martedì 14 settembre 2004 16:48
Andrà in onda domani sera alle 22,45 uno speciale realizzato da Claudio Martelli che cercherà di fare luce sull'assassinio del giornalista del Corriere della sera Walter Tobagi. Al centro del programma un'intervista a Marco Barbone, reo confesso dell'omicidio.


Martelli racconta il caso Tobagi
Su Canale 5 i retroscena dell'omicidio
Era il 28 maggio del 1980 quando venne ucciso a Milano Walter Tobagi. Oggi, a distanza di ventiquattro anni, Canale 5 cerca di fare luce sulla morte del giornalista del Corriere della sera, colpito per mano dei terroristi della Brigata XXVIII Marzo Marco Barbone e Mario Marano, attraverso un documentario inedito realizzato da Claudio Martelli che andrà in onda mercoledì 15 settembre alle 22,45 e in replica sabato 18 alle 16,45.

Claudio Martelli racconta Walter Tobagi, questo il titolo dello speciale che è stato presentato in anteprima al Circolo della Stampa di Milano alla presenza di Gaspare Barbellini Amidei, allora vicedirettore vicario del quotidiano di via Solferino, e di Guido Passalacqua di Repubblica, ferito anch'egli dai terroristi, è quindi un vero e proprio viaggio nella memoria in cui Martelli ricostruisce, attraverso immagini e testimonianze, la vicenda professionale e umana di Tobagi. "Non ha né i ritmi della televisione, né la pretesa dell'inchiesta. E' solo il mio racconto di una persona", spiega Martelli.

Al centro del programma c'è l’intervista esclusiva rilasciata da Marco Barbone, condannato a otto anni e sei mesi di reclusione ma che ha scontato una pena ridotta beneficiando della legge sui pentiti, il quale per la prima volta parla dell’omicidio. L'uomo, allora, era uno studente di 22 anni figlio di un alto dirigente della Rizzoli. "Sì, fui io a uccidere", ammette Barbone. "Perchè l'ho fatto? Perchè per noi Tobagi era l'uomo di Craxi dentro al Corriere. Volevamo farci notare. E' stato un atto per trovare credito presso le Brigate Rosse e far vedere a quelli di Autonomia Operaia quanto fossimo credibili". Ma per Barbone, e forse questa è la parte più dura, la causa di tutto è stata anche "la mancanza di una voce amica".

Particolarmente toccante è inoltre la lettera testamento di Tobagi con cui inizia il racconto. "Cos’è la paura?", si chiede il giornalista. "Camminare per strada e sobbalzare ad ogni macchina che ti passa vicino, guidare l’automobile e spaventarsi per una moto che ti si affianca.L’altra mattina è stata trovata una scheda con il mio nome in una borsa lasciata da un terrorista.Provo una sensazione di angoscia.Questa paura mi accompagna da più di un anno, da quando uccisero Casalegno e mi toccò cominciare a scrivere di brigatisti. Con l’assassinio di Alessandrini vuol dire che non valgono più le regole di un anno fa. Nel mirino entrano proprio i riformisti, quelli che cercano di comprendere. Se toccasse a me, la cosa che mi dispiacerebbe di più è di non aver trovato il tempo di scrivere una riflessione, una riflessione che spiegasse agli altri il senso di questa vita così affannosa…”. Parole profetiche che spiegano bene l'atmosfera che si respirava in quel periodo.

"Walter Tobagi era destinato a diventare il direttore del Corriere della Sera. E non è vero che dentro al Corriere era solo", ha aggiunto Barbiellini Amidei. "Si parla spesso della solitudine di Tobagi dentro al giornale ma tra le tante accuse che si possono muovere questa è un'accusa sbagliata. Perchè Tobagi non era solo, anzi era l'uomo più vicino a quella singolare direzione, al punto che scriveva lui molti degli editoriali. Tobagi era destinato a diventare il direttore del Corriere. L'accusa di averlo lasciato solo è dunque fuorviante. Piuttosto il nostro rimorso è di non averlo difeso come noi stessi. Io sono vivo probabilmente perchè avevo la scorta. Lui no. Questa è la prima delle nostre colpe".

"Io sono solo una vittima fortunata di quegli anni", ha spiegato poi Passalacqua. "Ma per il solo fatto che nella loro logica Barbone e i suoi non erano ancora arrivati a pianificare l'omicidio". Ci sarebbero arrivati di lì a poco, questione di un paio di settimane "e fu questo il nostro errore: non capimmo che ormai agivano con un metodo. Prima il volantino, poi l'avvertimento, il ferimento, infine l'omicidio". Barbone era uno che, facendo ricorso alla lotta armata, "voleva accreditarsi presso le Br, voleva diventare re. Per questo si era fatto la sua banda, per questo voleva dimostrarsi davanti ai suoi come il più coraggioso, il più forte". L'avvertimento era stato quello messo in mostra davanti alla sede dell'associazione industriali, in occasione di uno sciopero: "con i suoi Barbone per la prima volta aveva fatto ricorso alle armi", ha ricordato Passalacqua. "Si erano messi in strada, disposti militarmente, e avevano sparato alle finestre dell'Assolombarda".

Tra le altre testimonianze contenute nello speciale di Martelli, che da dicembre curerà altre quattro seconde serate per Canale 5, ci sono quelle dell’attuale direttore del Corriere della sera Stefano Folli, di Franco Abruzzo e di Maurizio Andriolo, rispettivamente Presidente dell’Ordine Giornalisti della Lombardia e Presidente dell’Associazione Giornalisti Lombardia, degli amici giornalisti Ugo Finetti, Marco Volpati, Gianluigi Da Rold, Marco Sassano e Giuseppe Baiocchi, del procuratore aggiunto a Milano Armando Spataro e dei compagni di liceo, quando Tobagi diede vita allo storico giornale del Liceo Parini Zanzara. Testimonianze di repertorio anche di Franco Di Bella, direttore del Corriere della Sera all’epoca dei fatti, e di Giampaolo Pansa, editorialista di Repubblica.

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