THE QUIET AMERICAN

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marlowe
00sabato 15 marzo 2003 13:14

Siamo a Saigon nel 1952, pochi mesi prima della catastrofica conclusione della presenza coloniale francese. Un giornalista inglese, Thomas Fowler, invecchiato, impigrito, un po' cinico, sopravvive a se stesso come tanti occidentali senza più radici: vivendo l'Oriente come un un lungo, ininterrotto sogno. E tra le creature che affollano questo suo sogno c'è Phuong, una meravigliosa ragazza vietnamita che accompagna con grazia e devozione il lento declino del suo amante: un dolce morire a poco a poco che si consuma tra tazze di the, pipe di oppio, abitudini consolatorie, notti d'amore.
Un certo giorno compare a Saigon l'americano tranquillo. E', all'apparenza, un giovanotto dall'aria spaesata e mite, un po' goffo, molto ingenuo, un idealista in missione medico-umanitaria. Si forma uno strano triangolo. I due uomini diventano amici e nello stesso tempo rivali. L'americano si innamora di Phuong. Phuong, di fronte alla impossibilità di farsi sposare dall'amante, che non può divorziare da una moglie carogna rimasta in Inghilterra, lo abbandona e va a vivere con l'americano. Anche lei ha il suo sogno: la fuga dal Vietnam, la tranquillità economica, lo status gratificante di moglie riconosciuta di un americano solido e rassicurante.
Ma un equilibrio si è rotto. Il Vietnam finisce di essere un sogno, un comodo esilio dalle responsabilità della vita e delle scelte, e ridiventa il teatro di una guerra spietata e devastante, lo scenario degli intrighi più sporchi, il carrefour di tutte le "disumanità". Le maschere devono cadere.
La forza del male che scoppia dalle bombe, dai tradimenti, dalle vigliaccherie, dalle menzogne, dagli egoismi, dal dolore e dallo smarrimento, si abbatte su tutti e tre i protagonisti di questa storia e ne ridisegna i destini. Nessuno, tra coloro che in qualche modo sopravviveranno, ne uscirà innocente. Il male, oltre che la vita, si sconta e si sconterà vivendo.

"The quiet american" è senza dubbio un buon film, sorretto da una ottima sceneggiatura, da una mirabile fotografia, da un bravissimo Michael Caine. La coerenza con le tematiche del libro da cui il film è tratto, l'omonimo "The Quiet American" di Grahamn Greene, è apprezzabile. Do Thi Hai Yen, che intepreta Phuong, è di una bellezza fragile, disarmante, penetrante, ammaliante. Peccato che lo sciagurato doppiaggio italiano la faccia sembrare un po' stupida.
La ricostruzione della Saigon francese degli anni Cinquanta, anche se un po' oleografica, è abbastanza credibile. La scena dell'attentato in piazza, che ricostruisce quello realmente avvenuto nel 1952, è straordinaria. Dai paesaggi urbani notturni si sente traspirare l'umidità avvolgente di Saigon, il languore dei suoi odori e dei suoi colori, la malinconia di un mondo sull'orlo dell'abisso.

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ammiratore
00lunedì 17 marzo 2003 11:16
Re:

Scritto da: marlowe 15/03/2003 13.14

Siamo a Saigon nel 1952, pochi mesi prima della catastrofica conclusione della presenza coloniale francese. Un giornalista inglese, Thomas Fowler, invecchiato, impigrito, un po' cinico, sopravvive a se stesso come tanti occidentali senza più radici: vivendo l'Oriente come un un lungo, ininterrotto sogno. E tra le creature che affollano questo suo sogno c'è Phuong, una meravigliosa ragazza vietnamita che accompagna con grazia e devozione il lento declino del suo amante: un dolce morire a poco a poco che si consuma tra tazze di the, pipe di oppio, abitudini consolatorie, notti d'amore.
Un certo giorno compare a Saigon l'americano tranquillo. E', all'apparenza, un giovanotto dall'aria spaesata e mite, un po' goffo, molto ingenuo, un idealista in missione medico-umanitaria. Si forma uno strano triangolo. I due uomini diventano amici e nello stesso tempo rivali. L'americano si innamora di Phuong. Phuong, di fronte alla impossibilità di farsi sposare dall'amante, che non può divorziare da una moglie carogna rimasta in Inghilterra, lo abbandona e va a vivere con l'americano. Anche lei ha il suo sogno: la fuga dal Vietnam, la tranquillità economica, lo status gratificante di moglie riconosciuta di un americano solido e rassicurante.
Ma un equilibrio si è rotto. Il Vietnam finisce di essere un sogno, un comodo esilio dalle responsabilità della vita e delle scelte, e ridiventa il teatro di una guerra spietata e devastante, lo scenario degli intrighi più sporchi, il carrefour di tutte le "disumanità". Le maschere devono cadere.
La forza del male che scoppia dalle bombe, dai tradimenti, dalle vigliaccherie, dalle menzogne, dagli egoismi, dal dolore e dallo smarrimento, si abbatte su tutti e tre i protagonisti di questa storia e ne ridisegna i destini. Nessuno, tra coloro che in qualche modo sopravviveranno, ne uscirà innocente. Il male, oltre che la vita, si sconta e si sconterà vivendo.

"The quiet american" è senza dubbio un buon film, sorretto da una ottima sceneggiatura, da una mirabile fotografia, da un bravissimo Michael Caine. La coerenza con le tematiche del libro da cui il film è tratto, l'omonimo "The Quiet American" di Grahamn Greene, è apprezzabile. Do Thi Hai Yen, che intepreta Phuong, è di una bellezza fragile, disarmante, penetrante, ammaliante. Peccato che lo sciagurato doppiaggio italiano la faccia sembrare un po' stupida.
La ricostruzione della Saigon francese degli anni Cinquanta, anche se un po' oleografica, è abbastanza credibile. La scena dell'attentato in piazza, che ricostruisce quello realmente avvenuto nel 1952, è straordinaria. Dai paesaggi urbani notturni si sente traspirare l'umidità avvolgente di Saigon, il languore dei suoi odori e dei suoi colori, la malinconia di un mondo sull'orlo dell'abisso.

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Per come guardi e scrivi del film, cerca di andare + spesso al cinema, perchè mi fai venire sempre voglia di andare a vederli anch'io.
Ciao
marlowe
00martedì 15 aprile 2003 15:23
Up
Visto che questo film è, tra quelli attualmente in programmazione, uno dei pochi che vale la pena di vedere.
________
Saluti
Marlowe

[Modificato da marlowe 15/04/2003 15.25]

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