00 06/04/2006 18:27
- Chi sceglie il "caimano", quello vero -


di Curzio Maltese

E' ridicolo pensare che un film possa influenzare il risultato elettorale. E' ridicolo per Il Caimano e lo è stato per Farenheit 9/11, che non è carto la ragione della sconfitta di Kerry. Il dibattito un po' superficiale intorno al film di Moretti può semmai aumentare la confusione sulle cause dalla crisi italiana.

Il protagonista del film, per cominciare, non è Berlusconi, ma sono la mancanza di coraggio della società italiana, la pura, la solitudine. Gli stessi protagonisti degli ultimi vent'anni di cinema italiano. Il merito di Moretti è di aver nominato Berlusconi, primo a osare tanto dopo il Fellini di Ginger e Fred, anno 1986. Ma da allora il berlusconismo è il convitato di pietra di tutti i film o filmetti nazionali, anche quelli che parlano d'altro, anzi soprattutto. Come il fascismo era l'essenza del cinema dei telefoni bianchi. Ed è una delle ragioni per cui da vent'anni il nostro cinema è inguardabile oltre Chiasso. E' lo specchio di una società avvitata su sè stessa, in preda ad una grottesca autarchia culturale.

Moretti ha il merito di nominare la questione per nome e cognome e avrà grande successo. Il film è ben fatto, intelligente, con attori magnifici. Detto questo, l'unico rischio è d'ingigantire la figura del Cavaliere. Nel film e nel circostante dibattito. Esiste una tendenza di una parte dell'opposizione, diciamo girotondina, a considerare Berluscono un genio della truffa che ha turlupinato il popolo. Ah, se avessero saputo, le casalinghe, gli onesti pensionati, dei soldi della mafia, dello stalliere Mangano, delle sentenze comprate! Certo non l'avrebbero votato.

Ora la mia modestissma opinione è che si tratti di un'illusione pericolosa, figlia dell'antico vizio italiano di autoassolversi sempre e comunque. Non ho mai incontrato un elettore di Forza Italia pronto a giurare sul rigore morale del suo leader. Prima, non avevo mai conosciuto un elettore democristiano convinto dell'innocenza di Andreotti. A parte, si capisce, i servi dell'uno e dell'altro.

La verità è che a un pezzo di paese questo modo predatorio di far politica piace, s'identifica nei suoi protagonisti. Un'altra considerazione, ancor più indigesta, è che milioni d'italiani aspettavano un grande leader non antifascista e l'avrebbero votato che si chiamasse Berlusconi o Mario Rossi. Per sdoganare i propri istinti regressivi, sono disposti a perdonare tutto, dal conflitto d'interessi alle ventidue holding svizzere intestate a prestanome.

Rispetto a questo dramma inconsapevole, i buoni film, le inchieste giornalistiche, le manifestazioni, sono ottime cose ma non produrranno cambiamenti profondi. L'Italia volterà pagina quando nelle nostre scuole si studierà il fascismo come si studia il nazismo nelle scuole tedesche. A partire non dai misfatti di un regime, ma dall'adesione di massa a un'ideologia criminale.

Altrimenti, prepariamoci al prossimo 8 settembre della serie, senza troppe illusioni.

Venerdì di Repubblica


Nolan van der Meulen


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Mae hen wlad fy nhadau yn annwyl i mi, Gwlad beirdd a chantorion, enwogion o fri;
Ei gwrol ryfelwyr, gwladgarwyr tra mad, Tros ryddid gollasant eu gwaed.