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Google e Yahoo mettono il bavaglio
Reporters sans frontières denuncia: per sfondare nel mercato Web cinese le due società Usa accettano le direttive liberticide di Pechino.
Cina, bavaglio ai motori di ricerca
Google e Yahoo si autocensurano
In Cina è vietato dire in pubblico Ziyou Xizang, Tibet libero, e Duli Taiwan, Taiwan indipendente, così come... digitarlo su un motore di ricerca. Il risultato sarebbe: "zero siti", come se sull'argomento non esistessero pagine Web. Infatti, Sohu.com, Bidu.com (quest'ultimo associato a Google) e Yisou.com (la versione cinese di Yahoo), i principali motori di ricerca in mandarino, si autocensurano. E' quanto denuncia Reporters sans frontières.
"La Repubblica popolare è la più grande prigione per cyberdissidenti del mondo" fa notare l'organizzazione francese che si occupa di libertà d'informazione. E i due colossi mondiali della ricerca online, Google e Yahoo, appunto, secondo l'accusa, si sarebbero adeguati alle direttive di Pechino pur di mettere piede in un mercato, quello cinese, in cui il Web è in maggiore espansione.
Sono tante le espressioni che per il governo cinese potrebbero creare problemi; magari si trovano inserite in un forum, su un blog o in chat e possono portare dritti in gattabuia. La censura applicata dall'attenta polizia informatica cinese è efficace, ma ci si ingegna per aggirarla, basta conoscere le lingue straniere e l'internauta dagli occhi a mandorla può soddisfare la sua sete di sapere... proibito.
Reporters sans frontières definisce, comunque, "irresponsabili" le politiche delle due società americane e invita le autorità Usa a rispettare il Global Internet Freedom Act votato un anno fa dalla Camera dei rappresentanti e a non essere "ipocriti" nei confronti dei regimi repressivi.
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