Ebbene sia, facciamoci del male
Potrebbe essere il sottotitolo di questo film. E potrebbe essere anche quello che succede a chi lo va a vedere. Farsi del male, appunto.
Farsi del male, dicendo e dicendosi la verità. Farsi del male, mentendo e mentendosi.
A 74 anni, Mike Nichols torna a riesaminare le patolgie dei sentimenti, dei rapporti di coppia, del sesso e dell'amore.
Su questi temi si era divertito con "Chi ha paura di Virginia Woolf", l'aveva messa in satira con "Il laureato", l'aveva buttata sul grottesco con "Conoscenza carnale", aveva deviato verso una specie di iperrealismo animalesco con "Wolf".
Ora torna a affrontare e a raccontare gli uomini e le donne e la loro vocazione sadica o masochista all'autodistruzione e alla distruzione dell'altro, il loro correre inconsapevoli e irresponsabili verso una infelicità totale e definitiva. il loro fabbricarsi da soli le trappole in cui imprigionarsi.
Ma avvicinandosi ai suoi soggetti, stringendo il campo d'osservazione su due coppie, closer appunto, Nichols scopre che gli uomini e le donne che ha di fronte sono ormai dei cadaveri. Tutto quello che gli resta da fare, quindi, è procedere all'autopsia.
E così con la freddezza dell'anatomo patologo e la precisione del chirurgo esperto, comincia a sezionare.
E in effetti questo film dove non si vede una goccia di sangue, nessuna scena di sesso o di violenza, nessun effettaccio speciale, dove non si urla e non si strepita, è un efferato splatter dell'anima, un pulp dei sentimenti, un horror del cuore e della mente. Agghiacciante, inquietante, terrorizzante, ma asciutto e scabro come un sasso del deserto.
Tutto viene raccontato con le parole, nude e crude fino alla brutalità - i dialoghi teatraleggianti sono bellissimi - con gli sguardi, con le facce dolenti o evanescenti, assorte o svagate, aggressive o remissive, con la straordinaria recitazione dei quattro protagonisti (mai vista Julia Roberts così brava, così intensa, così vera), con il gioco delle luci, con un montaggio fatto di accostamenti (accostamenti non flash back) di presente e passato.
E fa male questo film, fa davvero male. Fin dai titoli di testa, fin dalle prime inquadrature di Jude Law e Natalie Portman che camminano tra la folla già marchiati di infelicità e sconfitta, mentre su di loro si distendono, come la profezia di un oracolo maligno, le note acide e struggenti di una bellissima canzone dell'irlandese Damien Rice:
And so it is
just like you said it would be
life goes easy on me
most of the time
and so it is
the shorter story
no love no glory
no hero in her skies
i can't take my eyes off of you
Fa male, un male cane, perché è impossibile non riconoscersi nei quattro burattini che Nichols manovra, nei sussulti dei loro cuori, nelle elucubrazioni dei loro cervelli, nella inesauribile capacità di star male e fare star male. Soprattutto è impossibile non riconoscersi nei loro lati peggiori, nei loro pensieri più inconfessabili, nel loro cedere sempre a un agire "a fin di male" insensato ma deterministicamente necessario.
Questi quattro sciagurati che si trovano, si prendono, si lasciano e si tornano a prendere per lasciarsi di nuovo o per istupidirsi in una routine opaca, soffrono quando abbandonano e quando vengono abbandonati, quando si vendicano crudelmente, quando subiscono la vendetta, quando conquistano un successo, quando il fallimento li devasta, quando in un modo o nell'altro decidono di lasciarsi vivere.
Non c'è cosa nelle loro scelte e nelle loro vite che alla fine non risulti velenosa.
Nichols non ha nessun rimedio da proporre. Lui, del resto, non cura i pazienti. Lui, come ci tiene a farci vedere per tutto il film, esegue autopsie. La sua mano è delicata, precisa, asettica. Nei corridoi della sua Morgue si diffondono, leggere e armoniose, le note di Mozart. La dissezione avviene in un'atmosfera di assoluta eleganza, di educata mondanità, di grande classe. Ovvio poi, come il buon senso ci suggerisce, che sui cadaveri l'anestesia non servirebbe a nulla e, anzi, sarebbe solo l'inutile spreco di un medico fintamente pietoso e del tutto inefficace.
A questo punto, quelli che avranno avuto la pazienza di leggere fin qui, si diranno: gesummaria alla larga, alla larga da questo film. Farebbero malissimo. Pochi film ho trovato "necessari" come questo: ché farsi un po' di male al cinema magari aiuta a capire meglio quello che ci stiamo e stiamo facendo nella vita. Pochi film ho trovato terapeutici come questo "Closer" che, in più occasioni e in molte battute dei dialoghi, è persino divertente. Come è divertente la sagacia beffarda di Nichols che per uno dei suoi personaggi ha scelto la professione di scrittore di necrologi
Io ve lo consiglio con molta convinzione.
Andate a vederlo prima che una qualsiasi melensa e consolatoria Bridget Jones, affacciandosi da una locandina caramellata, vi distragga e vi seduca e vi inganni con le sue promesse consolatorie.
Sceneggiatura
Regia
Jude Law
Natalie Portman
Clive Owen
Julia Roberts
Complessivamente