(di Paul Thomas Anderson)
Un piccolo gioiello d'autore, l'opera nona dell'autore di "Magnolia".
La storia di Berry, impiegato complessato e senza molte speranze che vede la sua vita improvvisamente sconvolta da una telefonata e da un incontro con una donna, si snoda in modo surreale e fantastico, nevrotico ed immaginifico.
Un incubo metropolitano, che rimanda ad Orwell e strizza l'occhio ai Jeneut e Caro di "Delicatessen", ma anche di Amelie; un impietoso ritratto dell'alienazione e della massacrante condizione dell'uomo-tipo, timido e sognatore, represso e impotente. L'amore è la speranza che si riaccende, la rabbia che esplode, il futuro che ritorna, il baratro che si allontana.
Ma per quanto?
Il finale dolceamaro sa di beffa, come una via di fuga dalla follia, che-sembra suggerirci il film- è l'unica verità plausibile, in un mondo sadico, violento, perniciosamente conformista.
Un mondo fatto di colori vivaci, di suoni che abbiamo in testa di continuo(ad un certo punto, un nervoso ritornello elettronico va avanti per molti minuti), e che invano cerchiamo di scacciare.
La sigla finale sembra una musica dei film dei Monty Pyton.
Sublime, tenero, a tratti psichedelico.
andatevelo a vedervelo!