I critici del film. Bellino VS bruttino? No! Cagata VS capolavoro!
Ecco due commenti sul film da due critici (o presunti tali) che hanno visto in anteprima. Ne ho scelto due estremi: il primo è una stroncatura senza appello, l'altro è assolutamente apologetico. Insomma, anche per gli addetti ai lavori non ci sono mezze misure: non troverete in giro per la rete o per le riviste specializzate giudizi discaccati del tipo "un film proprio carino" oppure " un lavoro non proprio azzeccato". Il film costringe a prendere una posizione militante PRO o CONTRO La Passione di Cristo e questo è un fatto abbastanza singolare. Ora vi chiedo: conoscete qualche altro film che abbia scatenato tutto 'sto radicalismo non tanto tra gli spettatori quano tra gli addetti ai lavori? Và detto che in genere le critiche, soprattutto quelle provenienti d'oltreoceano, sono quasi tutte delle stroncature ma è lecito pensare che questi signori giornalisti si siano recati al cinema con l'animo non proprio sereno e che l'articolo da scrivere ce l'avessero in testa già ben prima che si spegnessero le luci della sala.
robert bernocchi di
www.caltanet.it
stroncamento piu completo
Francamente, non so che dire, a parte che si tratta di uno dei film più stupidi e brutti che abbia mai visto.
A livello tecnico, un incredibile pasticcione di ralenti retorici ed effettacci indegni del peggiore film di serie Z (demoni che spuntano dovunque).
Sbagliatissima l'idea di utilizzare per il film l'aramaico e il latino, cosa che dà vita ad una recitazione legnosa da parte di tutto il cast (peraltro, scelto con criteri francamente incomprensibili: dareste a Claudia Gerini un ruolo importante in un film sulla vita di Cristo?).
Flashback brevi ogni tanto ci ricordano che non siamo di fronte ad uno slasher movie, ma il tutto viene fatto con un montaggio ai limiti della decenza.
Capitolo violenza. Nessuno degli evangelisti inserisce un decimo delle atrocità mostrate (con grande compiacimento) da Gibson. Liberissimo il regista di avere questa interpretazione dei Vangeli, ma siamo decisamente agli antipodi di quanto raccontato da Luca, Matteo, Marco e Giovanni (altra follia: come mai l'evangelista più sfruttato per il film fa la bella statuina per tutta la pellicola?) e non è il caso di far finta di aver mostrato le sacre scritture.
Infine, capitolo antisemitismo. Basta capirci. C'è chi sostiene che mostrare da una parte un manipolo di giudei assetati di sangue (le poche voci ragionevoli vengono subito messe da parte) e dall'altra non mancare di mostrare in continuazione quanto Pilato si sia adoperato per salvare Gesù (il che produce un'incongruenza clamorosa nello script: perché le guardie romane infieriscono su Cristo? Non hanno paura che Pilato le punisca?), sia antisemita. Francamente, dopo aver visto il film non mi sento di obiettare molto a questo discorso, anche se d'altronde Gibson ha una visione decisamente manicheista della vita (gli inglesi ne Il patriota; l'omosessualità in Braveheart), che lo porta magari a queste semplificazioni.
Insomma, fallimento completo dal punto di vista artistico, mentre ovviamente c'è da fare un monumento al responsabile marketing (che è riuscito a trasformare un film in un atto di fede, con le chiese che consigliavano ai fedeli di saltare la messa e andare a vedere la pellicola, che delirio).
Tra 50 anni verrà studiato come un esempio della follia dei nostri tempi..
Andrea Piersanti di
www.cinematografo.it
La Passione di Cristo- Due ore di autentica commozione.
27/02/2004
E' la storia di Gesù raccontata (senza falsi pudori) da Mel GibsonÈ durissimo. Il film di Mel Gibson è veramente duro e non concede spazio alla fantasia. La passione di Gesù è descritta nei particolari, senza indulgenze estetiche, ma anche senza falsi pudori. Gli uncini dei flagelli strappano la carne viva e lo spettatore soffre e sussulta insieme con il sanguinante protagonista della storia. Per tutto il film. Due ore e dieci minuti di sofferenza vera. Due ore e dieci minuti di autentica commozione. Il film La Passione di Cristo è veramente "tosto". Si esce dalla proiezione scioccati e colpiti nel più profondo e intimo dei sentimenti. Questa scelta di linguaggio, è facile prevederlo, provocherà più di una polemica. Mentre il can can mediatico sul presunto contenuto antisemita del film si scioglierà come neve al sole non appena il pubblico potrà constatarne da solo la assoluta e totale infondatezza, nuovi focolai di polemica si accenderanno invece per il tono esplicito del film e per il suo linguaggio. Il sangue scorre copioso sullo schermo e tante saranno le domande che questo susciterà. La situazione del Medio Oriente è esplosiva e il mondo non sente il bisogno di nuovi integralismi. Il film di Gibson, molto probabilmente, sarà visto da centinaia di milioni di persone in tutto il mondo e a molti sembrerà un inno al fondamentalismo. Ci vorrebbe l'aiuto di una equipe di psicologi per capire quale effetto potranno avere quelle immagini sulle menti e sui cuori dei più deboli. È facile intuire però perché Mel Gibson, nonostante ciò, abbia voluto fare comunque un film così. Un film che inizia con uno schiocco sparato fortissimo negli altoparlanti della sala. È il rumore del sandalo di Gesù che schiaccia, con un "crack", la testa del serpente. È una scelta di campo inusuale e "scandalosa" da parte di Gibson, nei tempi del politicamente corretto ad ogni costo. La società contemporanea, che sarebbe meglio definire "società delle immagini", è fortemente scristianizzata. La durezza dei cuori degli uomini del terzo millennio è paragonabile in qualche modo solo alle risa volgari e sguaiate dei soldati romani che, anche nel film di Gibson, picchiano e poi crocifiggono Gesù. C'è un legame stretto fra l'evento di duemila anni fa e la nostra vita quotidiana. I cuori sono diventati di pietra, gli occhi sono serrati (anche se ottusamente aperti sul caleidoscopio delle immagini della modernità, come ha già detto Stanley Kubrick con il suo film - testamento Eyes Wide Shut) e le orecchie sono sorde ai lamenti della coscienza. Oggi come allora, duemila anni fa. A questo potrebbe avere contribuito un certo annacquamento operato sul messaggio evangelico. Come se arte figurativa prima, e cinema e televisione dopo, avessero trascurato un aspetto importante della vita di Gesù: la sua sofferenza, umana e divina.
C'è un solo fotogramma, nel film di Gibson, che da solo varrebbe l'intero prezzo del biglietto. Dopo la morte di Gesù sulla Croce, la macchina da presa, che fino al quel momento ha seguito il dramma senza mai staccarsi da terra, prende il volo e lo spettatore si trova improvvisamente a guardare la scena dall'alto dei cieli. L'immagine è come trasfigurata in uno strano effetto a occhio di pesce. Poi anche quella bizzarra rotondità si muove e comincia a precipitare verso la terra dove si schianterà in pochi secondi. È la prima goccia d'acqua del finimondo che si scatena sul Golgota. Si rimane stupefatti. La sequenza, brevissima, rimane nell'immaginario dello spettatore annichilito. È come se Gibson abbia avuto l'ardire di poter immaginare e poi di voler raffigurare lo sguardo e, soprattutto, il pianto di Dio. Un gesto di arroganza salutare, pazzesco ma baciato dalla grazia. Per troppo tempo abbiamo trascurato la sofferenza di Dio. Una sofferenza che è specchio e immagine della nostra stessa sofferenza nel peccato. Solo così infatti si può capire perché Gibson abbia voluto essere così duro nella rappresentazione della violenza che abbiamo inflitto a Gesù. È, infatti, la stessa violenza che abbiamo inflitto a noi stessi. Quelle carni martoriate sono le nostre. Le lacrime di Maria sono le nostre. Per questo il dolore di Gesù, sullo schermo gigante di Mel Gibson, ci colpirà così tanto. Troveremo un forte motivo di identificazione e non sarà facile liberarsi da uno strano sentimento. E una domanda ci coglierà all'improvviso, alla fine della proiezione, all'uscita della sala cinematografica: dove siamo stati in questi ultimi duemila anni? Come abbiamo fatto a dimenticare?
[Modificato da Il carro rotto 28/03/2004 3.23]